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Anno edizione: 1994
Anno edizione: 1994
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Uno dei racconti compresi nel volume si intitola “Occhi felici”, e narra in poche mirabili pagine la miopia astigmatica (in rapido sviluppo e volutamente trascurata) di Miranda, metafora di un voluto, programmatico distanziamento della protagonista dalla vita e dall’amore. «Sul confine della cecità… nel suo mondo di nebbia … mondo velato», Miranda «si stupisce come gli altri uomini riescano a sopportare quotidianamente le cose che vedono e che sono costretti a vedere», quindi sceglie di non curarsi, di non portare gli occhiali: dimentica ovunque quelli che ha, li perde, li distrugge, li lascia cadere. E così va a sbattere contro passanti e vetrate, inciampando su ogni ostacolo, rischiando di venire investita per strada e di incendiare il suo appartamento con i mozziconi accesi dimenticati qua e là (triste presagio della orribile morte che attenderà l’autrice del racconto nel 1973). «Poiché non tollera la realtà», Miranda «se la dipinge a modo suo», e sceglie di non guardare l’inferno che la circonda: «un ammasso di facce infelici, cattive, maledette, segnate dalle umiliazioni e dal delitto, volti inimmaginabili». Preferisce addirittura non osservarsi allo specchio, ritenendosi imperfetta o quasi brutta; e nemmeno vuole scrutare l’espressione del suo compagno, l’adorato Josef che forse le sta mentendo, la sta tradendo con la loro migliore amica, si prepara a lasciarla. «Di più non vuole sapere». In lei tutto è tenero, «dalla voce fino ai piedi incerti, ivi compresa la sua funzione nel mondo. Che dovrebbe essere la tenerezza tout court». Così, per evitare a Josef l’imbarazzo della fuga, decide di fingere lei il disamore, anzi simula un pubblico abboccamento con un ex fidanzato, risolvendosi a soffrire in prima persona piuttosto di fare soffrire l’amante. Perciò, scappando da tutti e da sé stessa, con i suoi felici occhi accecati, finisce per urtare violentemente contro un portone, e piomba a terra insanguinata, in una caduta che ovviamente non è solo materiale.
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