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Conoscevo di fama Pestriniero sin dai tempi in cui ero ancora studente cafoscarino a Venezia, ma non avevo mai letto nulla di suo. Ciò è stato vero, quanto meno, fino a pochi giorni fa quando ho terminato la lettura di questo romanzo, colmando così una significativa lacuna (o farei meglio a dire laguna?) letteraria. Il motivo? E' presto detto. Si tratta di un'opera di genere fantastico, ambientata in una delle città più particolari del nostro Globo, scritta in maniera impeccabile, con uno stile dotto, ma senza arrivare ad essere barocco e pesante. I luoghi sono descritti come solo una persona ivi nata e vissuta potrebbe fare, tanto che gli strani e misteriosi avvenimenti che vi si susseguono, non sembrano essere poi tanto fuori luogo, anzi appaiono come assolutamente compatibili con l'ambiente che li circonda. E per ambiente intendo il labirinto di calli che disegna la superficie della città, il variegato panorama di edifici, i ponti, i canali e, per non farsi mancare nulla, pure l'acqua alta e le immancabili passerelle. La trama è molto coinvolgente perchè l'autore riesce a mantere alta e costante una sensazione di straniamento e smarrimento, attraverso sia dialoghi che immagini, sempre vivide e di forte impatto emotivo. Non posso aggiungere altro sui contenuti, per non svelarne la natura, se non che si tratta di argomenti inerenti l'essenza stessa della nostra esistenza. Mi sento, però, di fare un piccolo appunto relativo al capitolo 12, nel quale l'autore espone, tramite i protagonisti principali, il suo punto di vista su alcune teorie di vasta (a dir poco) portata, che però, secondo me, adombra parzialmente l'atmosfera di magia che fino a quel momento aveva pervaso tutta la narrazione. Comunque, si tratta di poca cosa, considerando la magnifica conclusione proposta nel capitolo successivo. Non ho altro da aggiungere, se non consigliarne assolutamente la lettura
Il fantastico è un genere in cui, più di ogni altro, è possibile dare sfogo alla propria fantasia e Renato Pestriniero di creatività ne ha in misura notevolissima, come lo dimostra in questo romanzo ambientato in una Venezia non da cartolina quale conosciamo, ma da corpo pulsante, quasi un'entità autonoma a sé, capace di incantare, ma anche di stordire, di far passare senza accorgersi il limite apparentemente invalicabile fra realtà e sogno, in un coacervo di sensazioni che lentamente avviluppano il lettore in una tela di ragno dalla quale si cerca di fuggire, ma nella quale si è contenti di restare. In una eterna lotta fra il bene e il male si combattono entità sconosciute, l'una tesa a riportare al khaos e l'altra al kosmos universali, e come pedine di un'immensa scacchiera vengono mossi tre personaggi dai cognomi assai simili e che da lì a poco compirano i medesimi anni lo stesso giorno. E' un combattimento titanico, senza esclusione di colpi, e grondante di sangue, in una città con un fenomeno dell'acqua alta superiore al consueto, in cui tutto sa di astratto pur nella concretezza di una realtà vecchia di secoli. Non tutto ciò che appare è quel che è, e quel che può sembrare bene è invece il male e viceversa, due facce dello stesso foglio, in cui quella in ombra, se girata, viene alla luce. Su tutto, comunque, prevale l'aspetto onirico, con il continuo ricorrere alla metafisica per cercare risposte, per disancorarsi da una realtà troppo restrittiva per poter comprendere i fondamenti dell'esistenza, e questo è l'elemento che più di altri, che pur sono di ragguardevole fattura, impreziosisce e nobilita questo romanzo, che alla fine, a differenza di molti altri di genere, non vuole solo stupire, ma invita, quasi perentoriamente, a riflettere. Le tre morti di Aloysius Sagredi è un libro stupendo, una perla preziosa che va ben oltre la sua impropria classificazione di romanzo di genere fantastico.
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