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Dettagli

2021
13 ottobre 2021
180 p., Rilegato
9788809950085

Descrizione

Tre storie, un coro di voci riunite in osteria per cogliere l'attimo fuggente di una serata tra amici. Dagli anni Trenta, con la loro fame e la loro energia, fino alla soglia disillusa del nuovo millennio, passando dalle speranze dei Settanta, tre compagnie di amici si avvicendano intorno a una tavola imbandita, scherzano, ricordano, litigano, s'innamorano, brindano.

«È stato tanti anni fa, alla fine degli anni Trenta. C'era questo gruppo di coetanei, allora eran ragazzi (ora sono tutti morti anche un paio li ho conosciuti), che decisero di andare a fare una gran mangiata e una gran bevuta. Era poco prima di Natale e quella sera, anzi notte, perché era una cena, aveva iniziato a nevicare...»

«Non aspettatevi grandi avvenimenti dalle cose che andrò raccontando, fulminanti colpi di scena come agnizioni improvvise o finali drammatici o misteri iniziali che poi, a poco a poco, logicamente sgretolati dalle deduzioni di un abile investigatore, si dipanano e si mostrano in tutta la loro enigmatica chiarezza»: così ci avverte Francesco Guccini, in apertura del primo dei tre racconti che compongono questo libro. «È semplicemente la storia di una cena, e di alcuni amici; una storia di quelle quasi come le favole che ci raccontavano da piccoli, già sentita tante volte ma che amavamo ci raccontassero ancora e ancora, per il solo piacere di stare lì ad ascoltare...» E così, accompagnati dalla sua voce, seguiamo gli amici protagonisti in una notte d'inverno, mentre la neve cade, fino alla prima delle locande dove trascorreranno una notte di buon cibo e molto vino, di risate e un po' d'amore; una di quelle notti in cui l'amicizia e la sazietà aiutano a non ascoltare i presagi della vita che corre. Questa prima cena ha luogo prima dell'ultima guerra nell'Appennino tra Bologna e Pistoia, la successiva ci racconta lo stesso mondo quarant'anni dopo, l'ultima – che non è invero una cena, bensì un pranzo di mezza estate che si protrae fino a un grande falò notturno – si svolge nel giorno di un'eclissi di sole. Dai poveri anni Trenta alla disillusa fine del Novecento, passando dalle speranze dei Settanta, nelle tre compagnie di amici che si avvicendano, nei loro scherzi, nelle loro sbronze, nei cibi che scelgono di mangiare ritroviamo il sapore del nostro passato e rileggiamo noi stessi con divertimento e malinconia. Francesco Guccini inanella tre storie che diventano una sola e dà vita a nuovi, memorabili, bizzarri eroi della sua epica del tempo perduto.

Valutazioni e recensioni

4/5
Recensioni: 4/5
(5)

Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.

Recensioni: 5/5

Tre riunioni conviviali nelle quali Francesco Guccini delinea i personaggi che vi presero parte, il loro retroterra e la loro sorte futura. La prima cena, ambientata negli anni trenta e che affonda nelle memorie dei suoi amici, occupa metà del libro e racconta da un’ottica prevalentemente maschile la miseria, il lavoro duro nei campi o nelle miniere di carbone, l’emigrazione, la leva, l’iniziazione al sesso nelle case di tolleranza, ed è anche un pretesto per descrivere l’Italia di quei tempi. Le altre due vedono l’Autore protagonista, con i ricordi venati di malinconia per la giovinezza ormai andata e per i compagni che non ci sono più. E alla fine dell’ultimo raduno, come in un cerchio, si ritorna all’introduzione del racconto della prima cena. Lettura gradevole.

Recensioni: 5/5

Che fatica….trama sfuggente, scrittura non scorrevole,l’ho finito proprio perché era corto altrimenti avrei abbandonato. Ho apprezzato pochissimi passaggi, forse solo la descrizione dei cibi che fa venire l’acquolina in bocca per il resto nulla di speciale.

Recensioni: 5/5

libro mediocre, autore mediocre

Recensioni: 5/5

Il libro si legge in un amen, tra un bicchiere di lambrusco e un carico di briscola calato sul tavolo di un'osteria, dietro una cortina aromatica di fumo della stufa, miscelato a quello di sigarette e toscani tenuti stretti tra le labbra, biascicando improperi e bestemmie. La poetica gucciniana è tutta qui, nel ricostruire con poche, efficaci, parole le atmosfere familiari e paesane di una gente, quella dell'appennino toscoemiliano, abituata a fatica e miseria, condite di dignità e innaffiate di ubriachezza. Ché il vino, servito a fiaschi su tovaglie che ti par di vedere quadrettate, aiutava a riempire lo stomaco e dimenticare la fame. I personaggi, bizzarri nei nomi e nel portamento, assurgono così a testimoni di un'epoca che non c'è più, così come gli amici protagonisti del primo dei tre racconti, quello che preferisco, per come è costruito, per il lessico, per le scene raccontate in modo pieno e vero, per i personaggi che paiono usciti da un film in bianco e nero. Gli altri due sembrano essere più frettolosi e distaccati e anche la lingua si fa meno verace, perché in essi Guccini utilizza l'Italiano, senza ricorrere a espressioni dialettali, a quel pavanese che mescola rotonde sonorità emiliane a influenze vernacolari toscane, cui l'autore ci ha iniziato in altri romanzi di ispirazione autobiografica. Pensandoci bene, però, la struttura e lo stile dei tre racconti rispecchiano l'evoluzione dei tempi in modo piuttosto efficace e, senza annegare nella nostalgia, esprimono l'affetto per un'Italia che fu, nell'accettazione del significato definitivo di quel "fu".