Questo di Christian Raimo non è solo un libro sulla scuola. Della scuola propone un ritratto interessante, perché sotto la lente di ingrandimento vi è la totale incapacità di un insegnante non solo di fare il proprio mestiere; ma di confondere, dietro l'inganno della retorica, qualsiasi fonte e obiettivo di una volontà educativa. Tranquillo prof, la richiamo io non descrive solo una figura impietosa di un uomo incapace di fronteggiare una e più classi di ragazzi, di non resistere alla coazione a ripetere di intrattenere anche attraverso i social network e i nuovi mezzi della tecnologia (fra cui i messaggi istantanei di whatsapp) un rapporto inqualificabile con i propri studenti. In questo libro i capitoli sono scanditi dai mesi di durata di un intero anno scolastico (da settembre a luglio). Appaiono drammaticamente segnati da un senso di inadeguatezza che peggiora con il procedere delle lezioni di filosofia e storia cui goffamente Radar (questo, il già di per sé imbarazzante soprannome datosi dal professore stesso, che vorrebbe così autocelebrare la propria empatia verso i ragazzi) cerca di sottrarsi. Con una notevole dose di ironia, che fa da contrappunto alla tragedia, si consumano le telefonate, le mail, le trascrizioni di lezioni e i molti episodi che vedono protagonista questo professore che arriva puntualmente in ritardo, pratica con disinvoltura il pettegolezzo più bieco e meschino nei confronti dei colleghi, e arriva a corrompere i suoi studenti perché non seguano in un altro liceo la supplente, preparatissima, che lo sostituisce per un breve periodo. Ma il punto non sono tanto i tentativi di aggirare le spiegazioni su Leibniz, i saccheggi totalmente inappropriati e inopportuni sul web per mettere insieme pezzetti improbabili di sapere, gli stratagemmi infantili attraverso cui cerca di ottenere una qualche forma di autorevolezza agli occhi dei suoi studenti, la totale mancanza di un minimo senso della realtà. Se ci si limitasse a ciò, questa figura così imbarazzante di adulto, in qualche modo sarebbe meno tragica. A rendere invece così pietoso, e penoso il suo modo di comportarsi, è il ritenersi un modello di docente quanto a sensibilità, empatia e intuizione. Quante sono le ore sottratte alla trasmissione dei saperi in nome di un'offerta di comprensione, e conforto, che giunge sempre fastidiosissima alle menti di questi ragazzi? Nel nome di una psicologia raffazzonata e posticcia il professore compie uno dei delitti più gravi, quando si parla di scuola, educazione, modalità di relazione con gli studenti. Nel nome di una presunta sensibilità, che dovrebbe essere meno portata come bandiera e più coltivata nel silenzio e nella forza della propria solitudine, lavorativa e quotidiana, si prepara il terreno a piccole e grandi tragedie. Raimo in questo è molto abile, e certamente la sua esperienza di insegnante lo avrà aiutato; ma talmente tante e diverse, sono le pietre miliari di cui ci fa dono Radar ("Sai qual è la mia misura compensativa? La meraviglia"), che appare chiaro alla fine, che probabilmente non è neanche l'esperienza stretta, il coefficiente di bravura di un uomo nell'esercitare il proprio mestiere. È un insieme di talenti, ancora una volta.
Recensione di Raffaella D'Elia