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scheda di Valera, G., L'Indice 1993, n. 9
Il libro ripubblica due testi di Eugenio Garin (del 1977), uno di Paolo Rossi (del 1965) e uno di Sergio Moravia (del 1984). L'unità della cultura contro la disarticolazione e la specializzazione dei saperi deve essere realizzata, secondo Garin, al livello di un'integrata riflessione storica e filosofica, attraverso la razionale consapevolezza, espressa dal metodo, che i quadri generali del mondo sono costruiti mediante un reticolo di simboli e di concetti. Rossi individua, piuttosto, nell'artificialità dell'oggetto storiografico delle storie settoriali e dei discorsi tecnici il bersaglio da battere in nome di un diverso concetto di continuità storica e di rapporto dei testi con le tradizioni per indicare il compito unificato dello storico, anche dello storico dei discorsi scientifici, nella ricerca del significato delle "azioni" oltre che di quello delle intenzioni. Moravia contrappone al riduttivismo scientistico, sia dell'antistoricismo popperiano sia dell'antropologia strutturalista, la ricerca di un'epistemologia unificata delle scienze umane, fondata nell'interesse per l'individuale come interesse cognitivo primario.
Il curatore riconosce nei testi ripubblicati quel dialogo fra scienza e storia che gli sembra essere la cifra del movimento neostoricista. Questo, prendendo avvio dalla scuola fiorentina di Garin, mostra, negli sviluppi, in parte divergenti ma sempre da essa segnati, di Rossi e Moravia, la sua disponibilità a un ampio dibattito con i più diversi movimenti filosofici europei. L'accusa di eclettismo e di scarsa specializzazione tecnica, mossa alla filosofia italiana del Novecento, viene così ribaltata da Cambi nella constatazione del suo positivo sviluppo verso un pensiero critico e antidogmatico. Nell'introduzione egli ripercorre gli sviluppi del pensiero dei tre autori, mostra la tensione presente fra la loro opera di risistemazione storiografica (umanesimo italiano e pensiero dei moralisti inglesi in Garin, Vico e Bacone in Rossi, gli 'idéologues' francesi, con la loro cultura 'chosiste', e lo strutturalismo in Moravia) e il loro neostoricismo, il cui carattere essenziale è costituito dal nesso problematico che lega neoumanesimo e razionalismo. Se merito del neoumanesimo storicistico di stampo gariniano, passato poi per la riflessione di Rossi e di Moravia, è l'avere posto il problema di un nuovo paradigma estraneo sia al razionalismo scientifico (storicismo come distruzione delle certezze) sia all'antirazionalismo vitalistico (storicismo come fondazione umano-culturale dei procedimenti e delle strategie cognitive), le simpatie di Cambi vanno comunque a Moravia più che a Rossi, del quale si critica la tendenza a risolvere la razionalità, pur ricostruita storicamente, nei termini dell'argomentazione scientifica, laddove si tratta, con Moravia, da riscoprire nuove dimensioni dell'umano (come l'esistenza) e del cognitivo (come l'arte e la letteratura) per imparare a pensare l'identità teoretica anche alla luce dell'extrateoretico.
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