Questo volume è dedicato alla zona di Santa Croce e di Città Giardino. Più di altre, questa parte della città mantiene leggibili le stratificazioni del tempo e i segni delle diverse epoche. Il vecchio borgo nasce sulle sponde del Bacchiglione, nel punto dove l'antico percorso stradale che conduceva a sud si avvicinava al corso del fiume prima che questo si approssimasse alla città. Per qualche secolo Santa Croce fu un borgo fluviale e per un periodo, prima che entrasse in funzione il San Giovanni delle Navi, fu il porto più importante della città. Un borgo popolato che, attorno alla vecchia chiesa e al lebbrosario, intesseva i suoi traffici e faceva del fiume la sua prima fonte di sostentamento. Il fiume, prima che Bartolomeo d'Alviano ne rettificasse il corso, dopo aver sfiorato la chiesa procedeva con il suo percorso ondulato fino al Castelvecchio e alla diramazione del Tronco Maestro e del Naviglio. Per secoli la zona che chiamiamo Città Giardino fu area di campagna soggetta ai capricci del fiume. Ancora poi, dopo la costruzione delle mura rinascimentali, il luogo rimase per lungo tempo insalubre, soggetto ai ristagni d'acqua e all'impaludamento. Forse fu la riluttanza del fiume a lasciarsi irregimentare che favorì la creazione di magnifici parchi. L'avvocato Piazza, a ridosso della Saracinesca, e la famiglia Treves al bastione Alicorno furono artefici di due tra i giardini più belli tra quelli che adornarono la città. Via Vanzo, a cavallo tra Otto e Novecento, era nota come la strada dei filosofi, perché, tra due file di alti cipressi passeggiavano gli studenti che frequentavano la scuola di teologia del convento dei Cappuccini. Fu nel Novecento che si mise mano al progetto di trasformazione di tutta l'area. Dopo la Grande Guerra, i quartieri centrali della vecchia e angusta città medioevale divennero un luogo inospitale per i propri abitanti. Si immaginò di poter abbattere e riedificare il vecchio centro storico e si pensò a Città Giardino come un'area residenziale moderna. Attorno a Palazzo Esedra, progettato dall'architetto Peressutti, molti degli architetti più noti lasciarono la loro impronta. Il rimpianto è che le belle abitazioni non sorsero a ridosso dei grandi parchi distrutti dalla guerra, dall'incuria e dalla speculazione.
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