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Anno edizione: 2008
Anno edizione: 2017
Anno edizione: 2008
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Album che arriva dopo più di 10 anni dal predecessore e col senno di poi si può affermare che è stato un bene, perchè la band di Bristol ha potuto lavorare senza pressione e senza l'assillo di proseguire nel solco tracciato con i primi 2 dischi. Spogliatisi così dell'etichetta trip-hop che tanto vestiva stretta, lasciando da parte lo scratch sul vinile, i ritmi dub e le fascinazioni retrò, i Portishead realizzano un lavoro rock nel senso più ampio e sperimentale, con chitarre e percussioni a tratti quasi tribali a farla da padrona, da cui scatorisce un suono duro, spigoloso e dalla non facile presa immediata. Il lato elettronico resta tuttavia sempre in evidenza, rasentando a tratti la ruvidezza dell'industrial, facendo tesoro della lezione pioneristica dei Silver Apples. Tra i brani spiccano Silence, con il suo incedere tumultuoso, la mistica Magic Doors, il crescendo dolce e suadente di The Rip e l'inquietudine e l'acidità di Machine Gun e We Carry ON
Bello questo ritorno, la voce intensa e piena di pathos di Beth Gibbinson, i suoni post industriali e sonorità fine '60 primi '70. THE RIP è un capolavoro, MACHINE GUN è un affascinante pugno nello stomaco, WE CARRY ON ha un dinamismo unico e fa venire in mente gli ingranaggi di Metropolis e Tempi Moderni, SILENCE appassiona mentre SMALL arriva puntuale dritta al cuore (ma spezzato). Ce ne fossero di più di dischi così!
Ci sono dei rapidi momenti in cui ti sembra che il mondo che ti circonda vibri in accordo con i tuoi sentimenti, in particolare l'altro, vicino a te, sembra comprendere pienamente i tuoi stati d'animo. Ma è un'illusione. Ciò che ti circonda si muove su linee proprie rispetto a ciò che provi e la tua felicità o le tue paure hanno per il mondo la stessa consistenza di deboli increspature per la sostanza del mare. Portishead sono i cantori dell'inconciliabile: le melodie e le parole di Gibbons sono segnali dolenti inviati in uno spazio sordo e alieno le cui forme si plasmano e i cui mutamenti procedono indifferenti alla nostra esistenza. Questo terzo lavoro focalizza più chiaramente un percorso iniziato con il primo disco e conferma la capacità di Portishead di superare ogni modello (trip-hop?) che ha tentato di semplificarne la proposta artistica.
Recensioni
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