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Uno dei meriti principali del libro di Duccio Sacchi è quello di riportare finalmente l'attenzione sull'importante contributo teorico-clinico di Theodor Reik, uno degli allievi più creativi di Freud, il cui pensiero è stato finora (e non solo in Italia, dove le sue opere non sono mai state tradotte) ingiustamente trascurato. Questo analista viennese, emigrato dall'Austria negli Stati Uniti per scampare alla persecuzione nazista contro gli ebrei, ha fornito alla psicoanalisi un contributo che, come l'autore ci mostra con ricchezza di dettagli storici e puntualità teorica, è in realtà tutt'altro che trascurabile, dal momento che ha informato in maniera implicita e non ufficiale diversi importanti autori e generazioni intere di psicoanalisti.
In questo senso a Reik è toccato un destino singolarmente simile a quello di Ferenczi: quello cioè di aver intuito, forse troppo in anticipo rispetto ai tempi, alcuni aspetti della teoria e della prassi psicoanalitica che sono oggi divenuti assolutamente centrali e irrinunciabili per chi si occupa della sofferenza psichica, e di averlo fatto con un linguaggio estremamente moderno, suggestivo e stimolante (mi riferisco qui in particolare alla cosiddetta "metapsicologia dell'analista", cioè al suo funzionamento mentale in seduta, e al ruolo centrale della soggettività e della storia personale affettiva dell'analista stesso). Il suo è infatti un linguaggio fatto di autenticità ed emozioni (che si ritrova anche nello stile dell'autore del saggio) lontano dallo "psicanalese" che Reik aborriva (egli stesso ha coniato questo termine, come ci ricorda Sacchi) e che ci avvicina al paziente e alla possibilità di ascoltarlo realmente. È importante a questo proposito ricordare che Listening with the Third Ear nasce, nel 1948, nelle intenzioni di Reik "come un'introduzione alla psicoanalisi per i giovani psicologi e psicoanalisti (
) da una 'nuova prospettiva', quella dell'autoosservazione e dell'autoanalisi", come afferma l'autore nella prefazione. Lo stile è quello di un'autobiografia "emozionale", stimolante e insolita per un autore psicoanalitico, che desidera trasmettere agli allievi, attraverso la narrazione di sé intesa come elemento autoconoscitivo e pedagogico al tempo stesso, la possibilità di costruirsi uno specifico "strumento di lavoro": quello dell'ascolto.
Proprio l'ascolto psicoanalitico è dunque uno dei temi principali che vengono trattati nel libro, attraverso l'attenta analisi della vita e delle opere di questo pioniere: un ascolto, quello di Reik, fondato sull'idea dell'assoluta impossibilità a separare ogni aspetto della pratica clinica dalla persona viva dell'analista. Parafrasando il Freud della Traumdeutung, potremmo dire che è anche grazie al lavoro seminale di Reik, lavoro ripreso e arricchito nel corso del tempo da numerosi pensatori, che l'ascolto e l'elaborazione della propria risposta emozionale sono divenuti, attraverso il recupero di aspetti rimossi o dissociati della vita affettiva dell'analista, una "via regia" per accedere non solo all'inconscio del paziente, ma anche alle complesse e inconsapevoli comunicazioni interpersonali in atto nella coppia analitica, preludio di ogni possibile autentica trasformazione psichica. Sarà quindi con la "sorpresa" cara a Reik che il lettore (giovane psicologo o esperto psicoanalista) scoprirà o ritroverà nel libro di Sacchi le radici reikiane di molti concetti ben noti al clinico d'oggi; e tutto ciò ben al di là del famoso "ascoltare con il terzo orecchio" divenuto, al pari del bioniano "senza memoria e desiderio", una sorta di "sibboleth della psicoanalisi clinica" (Kaplan, 1989, citato nel testo).
Nel corso dei capitoli infatti l'autore ci guida progressivamente (con competenza e precisione sia nel testo che nelle note) alla scoperta degli elementi portanti del pensiero di Reik, svelandone importanti collegamenti, finora sotterranei e impliciti, con i contributi di autori appartenenti a svariate matrici teoriche (Heimann, Lacan, Faimberg, Nissim Momigliano, Speziale-Bagliacca, per citarne alcuni). Altri nessi sicuramente li potrà ristabilire il lettore, utilizzando proprio quella intuizione preconscia che è alla base, secondo Reik, di ogni processo di conoscenza. Personalmente ho trovato, per esempio, parecchie affinità tra il concetto di "illuminazione reciproca degli inconsci" e la metafora dello specchio che Balint riprende da Freud, rivitalizzandola; ulteriori risonanze ho riscontrato con il mirroring di winnicottiana memoria. "Illuminazione reciproca degli inconsci", appunto, "attenzione fluttuante", "reponse", "terzo orecchio", "sorpresa", "narrazione di sé da parte dell'analista", "fairy-tale dell'analista come schermo neutro", "osservazione della propria risposta emozionale" appariranno via via non solo come i cardini dell'opera reikiana, ma come pivot stessi di molti ulteriori sviluppi del pensiero psicoanalitico.
In conclusione, in questi tempi in cui, come sottolinea l'autore, il dibattito è molto focalizzato su intersoggettività, controtransfert ed ermeneutica, un lavoro puntuale sia sul piano storico che teorico, come quello di Sacchi, non solo ristabilisce il giusto valore all'opera di un singolo autore come Reik, ma altresì sottolinea l'importanza e la necessità di cercare e studiare con attenzione, nella cosiddetta "tradizione" psicoanalitica, gli originali, ma al tempo stesso fondamentali, contributi che costituiscono le fonti preziose e la matrice del pensiero di autori e correnti teoriche più attuali e apparentemente innovative.
Massimo Vigna-Taglianti
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