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Anno edizione: 2016
Anno edizione: 2015
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Romanzo appassionante per la trama insolita, l'ambientazione storica, la magistrale caratterizzazione dei personaggi, ma soprattutto geniale thriller psicologico che tiene incollati alla pagina fino all'ultima riga. Molto ben scritto, lo stile è efficace, scorrevole, e le 500 pagine non risultano mai noiose o superflue. La cosa che più mi è piaciuta è che il fascino magnetico che il tenente Dorfrichter esercita sul lettore è tale che si arriva quasi a "tifare" per lui, a sperare in una sua innocenza (reale o presunta) pur di non vedere un personaggio così memorabile ridotto a "semplice omicida". Peccato questo libro sia poco noto, meriterebbe sicuramente una riedizione.
Arrivati all’ultima pagina si è portati inevitabilmente a classificare Il tenente del diavolo come un thriller di ambiente militare, un thriller psicologico di notevole interesse, anche se non credo che il principale piano di lettura sia rappresentato dai disperati sforzi del capitano Kunze, magistrato militare, per incastrare il tenente Dorfrichter, sospettato di aver avvelenato con il cianuro un collega, il capitano Mader, nonché di aver tentato di porre in atto la stessa fine per altri nove ufficiali dello stato maggiore austriaco. Maria Fagyas, figlia di un tenente ungherese deceduto nel corso della prima guerra mondiale, è molto abile nell’addentrarsi in un ambiente tutto sommato chiuso alle donne e in cui predomina una morale maschilista, congiunta sovente ad aspirazioni bellicose, a conflitti sognati e facilmente vinti (ma solo sulla carta). La vicenda di questo ufficiale non promosso al rango di capitano, ma soprattutto non assurto alla carica di componente dello stato maggiore, nonostante le sue eccelse capacità, è veramente riuscita, con un continuo gioco fra il gatto (Kunze) e il topo (Dorfrichter), ma con un non raro scambio di ruoli, perché il presunto reo è dotato di una forte personalità, di un’intelligenza ragguardevole ed è in grado di tenere testa a chi conduce le indagini, rifiutandosi inizialmente di confessare, il che lo porterebbe direttamente al capestro. Peraltro, pur ammettendo che l’accusato sia in grado di esercitare un certo ascendente con il suo fascino su Kunze, che in gioventù non è stato immune da esperienze omosessuali, resta il fatto che l’azione dell’inquisitore è mossa unicamente dal desiderio di pervenire alla verità, verità che nonostante il dissennato sostegno di casta verrà fuori, portando tuttavia, in una sorta di compromesso, a una condanna pesante, ma senza che sia una sentenza di morte. Questo romanzo, che trae spunto da un fatto accaduto veramente, merita indubbiamente di essere letto.
Recensioni
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