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"Credo che la donna poeta di oggi erediti un dilemma". Sensi e Sirotti hanno deciso di introdurre Tempo e violenza. Poesie scelte citando alcuni passi da Object Lessons, saggio della stessa Boland (1944). Scelta azzeccata, sebbene il motivo "Ci è sembrato che la cosa migliore fosse far parlare la stessa autrice" appaia un po' scontato, quasi una giustificazione. Scelta azzeccata, dicevo, per avvicinare il lettore ai temi più cari alla scrittrice irlandese, tra i quali senza dubbio la lotta contro la deleteria rappresentazione dell'Irlanda come donna, che ha trasformato quest'ultima in un'icona silente e passiva della nazione; il dilemma della donna poeta, appunto, cioè quella tensione vissuta tra la tentazione di imitare la voce della tradizione maschile e la volontà di trovare una nuova voce femminile, per la quale le piccole cose di tutti i giorni acquistano dignità poetica; il dramma della carestia irlandese, dell'emigrazione, del distacco dalle proprie figlie ormai grandi, del paradosso nell'utilizzo della lingua del colonizzatore, intesa sia come l'inglese, sia come la lingua della tradizione poetica maschile.
Significativo è che i due curatori abbiano posizionato Tempo e violenza, componimento che dà il titolo alla raccolta, al centro della stessa, quasi a voler indicare un punto di svolta nella carriera poetica della scrittrice. In effetti, nelle poesie successive Boland affronta più sistematicamente e apertamente le problematiche che costituiscono il dilemma citato all'inizio. In particolare, la scrittrice sfida il silenzio a cui figlie e madri sono state obbligate "in un paese che odiava il corpo di una donna" (Lettere ai morti) e, soprattutto, dopo aver contestato e criticato la personificazione al femminile dell'Irlanda, la recupera facendola propria e trasformando l'Irlanda in quanto donna da immagine di silente e sofferente passività in immagine di immensa potenzialità espressiva. Ad esempio, nell'omonima poesia Madre Irlanda si rialza e finalmente può raccontare la propria storia, che è "diversa dalla storia che si raccontava su di me"; e in Giorni a venire, che non a caso chiude la raccolta, Boland incontra la personificazione più famosa dell'Irlanda, ossia Shan Van Vocht, la povera vecchietta, e le parla da donna a donna, esprimendo tutta la sua frustrazione e disillusione nei confronti di una patria ingannata, di una patria "tempo fa (
) quasi amata".
Questa raccolta è la prima interamente dedicata all'autrice in Italia. Se questo è già di per sé un ottimo motivo per raccomandarne la lettura, sembra proprio per questa ragione necessario sottolinearne un piccolo difetto, ossia la mancanza di un'introduzione più consistente da parte dei curatori. Inoltre, organizzare le poesie secondo un criterio tematico invece che (o in aggiunta a) quello cronologico avrebbe probabilmente contribuito a chiarire il contesto, le motivazioni e i fini della scrittrice irlandese a un lettore non esperto di problematiche di genere nella storia e letteratura irlandese, scongiurando così il rischio che lo stesso lettore possa perdersi parte della grandezza e dell'importanza della poesia di Eavan Boland.
Gabriella Caminotto
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