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Anno edizione: 2019
Anno edizione: 2020
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EN. This essay serves the double purpose of investigating the aesthetic dimensions of Thoreau’s environmental philosophy while examining the philosophical and political implications of its capacity to break down the boundaries between the natural and the technological landscape. Deeply rooted in an Emersonian transcendentalist tradition viewing nature as an organized and holistic “whole,” Thoreau’s ecophilosophy seeks to reconcile the idealistic pole with the empirical pole in its approach to natural and technological landscapes, objects and situations. Consequently, this book starts by considering Thoreau as a “techno-author” who does not shun from embracing technological change in the Romantic period and proceeds to develop an alternative, proto-ecocritical form of the aesthetic of the sublime. It also calls for a reconsideration of Thoreau’s poetics and its legacy against the background of the “toxic sublime,” which sheds a new light on the methods and purposes of ecocriticism as well as on recent trends in environmental (non)fiction.
IT. Questo saggio si propone il duplice scopo di studiare la dimensione estetica della filosofia ambientale di Thoreau e di analizzare le implicazioni filosofico-politiche della sua capacità di abbattere i confini tra paesaggio naturale e paesaggio tecnologico. Profondamente radicata nella tradizione trascendentalista di Emerson, che vede lo spazio naturale come un “tutto” organizzato e olistico, l’eco-filosofia di Thoreau cerca di riconciliare – con il suo approccio ai paesaggi naturali e tecnologici, agli oggetti e alle situazioni – il polo idealistico e il polo empirico. Pertanto, questo libro inizia prendendo in considerazione Thoreau come “tecno-autore”, che non si rifiuta di accettare i cambiamenti tecnologici verificatisi nel periodo romantico, ma sviluppa una forma alternativa e proto-ecocritica dell’estetica del sublime. L’autore cerca anche di riesaminare la poetica di Thoreau e la sua eredità sullo sfondo del “sublime tossico”, gettando così nuova luce sui metodi e sulle finalità dell’ecocritica, nonché sulle recenti tendenze della (non)fiction ambientalista.
Nello scorso numero abbiamo parlato di apocalissi possibili e misure da prendere, tra l’affidarsi alle piante suggerito da Richard Powers nel Sussurro del mondo e l’affidarsi sempre alle piante, ma psicotrope, suggerito da Michael Pollan in Come cambiare la tua mente. È tuttavia opportuno prepararsi all’eventuale cambio di paradigma con un’adeguata contestualizzazione – quella che non arriva dai media mainstream, arenati in un misto di incomprensione strutturale e vago negazionismo. La crisi è complessa, dato che all’emergenza climatica si accompagnano la sopravvenuta “era della post-verità”, con fasce crescenti di popolazione non più in grado di discernere le fonti di una notizia proprio mentre si moltiplicano le possibilità tecnologiche della falsificazione; la crisi della democrazia rappresentativa da ciò alimentata; i frutti tossici di quest’ultima, quali sorveglianza di massa, complottismo assurto a pensiero comune e autoritarismi di ritorno.
Tornare a Walden, quindi; magari attraverso l’interessante saggio Techno-Thoreau: Aesthetics, Ecology and the Capitalocene di David Lombard, dove si propone una lettura del filosofo per arrivare a un “abbattimento dei confini tra paesaggio naturale e paesaggio tecnologico”, e quindi un avvicinamento tra una natura divinizzata e una tecnologia fattasi incomprensibile (e quindi, per certi versi, magica).
Recensione di Vanni Santoni
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