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Una testimonianza diretta della brutalità della guerra. Testimonianze dirette raccolte durante gli anni della guerra di secessione dalla voce dei soldati che l'hanno combttuta su entrambe i fronti. Difficile dare un parere su un libro del genere. Va letto.
Recensioni
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Walt Whitman (1819-1892) è il cantore degli Stati Uniti che hanno appena conquistato la loro dimensione territoriale continentale e sono già proiettati verso un futuro di potenza industriale, ma che hanno dovuto riaffermare il principio dell’indissolubilità della loro unione attraverso uno dei più sconvolgenti conflitti civili e militari dell’era moderna. È noto che l’eco dell’ora cruciale della Guerra di secessione risuona insistente nella parte centrale dell’opera di Whitman. Basti pensare alle composizioni Rulli di tamburo, inserite nel 1865-66 in Foglie d’erba, la sua monumentale opera poetica. È meno noto invece il suo contatto diretto con la realtà brutale della guerra. Whitman non partecipò al conflitto nei ranghi dell’esercito dell’Unione, ma fu infermiere volontario presso gli ospedali di Washington e in Virginia, a diretto contatto con gli effetti spaventosi delle azioni militari. Questo coinvolgimento dello scrittore si è tradotto in una serie di appunti e annotazioni che percorrono l’intero arco della guerra dal 1862 al 1865 e furono pubblicati nel 1875-78. Appaiono per la prima volta in italiano con il titolo Taccuini della guerra di secessione, egregiamente tradotti e curati da Livio Crescenzi e Silvia Zamagni. Costituiscono la cronaca di un dramma colto non nell’immediatezza degli eventi bellici che lo compongono, ma nella dolorosa dimensione privata e personale di coloro che hanno subito nel proprio corpo le conseguenze di questi eventi. Non la concitazione delle battaglie, il fumo, le bandiere spiegate, ma il silenzio delle corsie che avvolge i feriti e i moribondi. Una rappresentazione inedita di un dramma che non si vuole dimenticare. Durante il corso della guerra, Whitman si dedica a visitare i soldati feriti, ad intrattenersi e a parlare con loro, ad ascoltarli. Stabilisce con alcuni un vero rapporto di amicizia. Ciascuna di queste visite diventa un capitoletto dei suoi Taccuini che narra e descrive con accenti diversi una moltitudine di storie individuali che si fondono, nella visione del loro autore, in una rappresentazione epica di un trauma nazionale purificatore (…). I Taccuini si concludono con una serie di Note che sintetizzano le riflessioni dello scrittore su differenti aspetti e conseguenze della Guerra tra gli Stati. Alcune di esse risuonano oggi irrimediabilmente inattuali: “L’America costruita da tutti, e che fin dall’inizio ha aperto cordialmente le proprie braccia a tutti... colei che ha accettato tutti... la madre di stranieri e di esiliati provenienti da tutte le nazioni...”.
Recensione di Alfredo Ilardi
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