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Solo uno storico della grandezza di Spriano, poteva lasciarci gli scritti raccolti in questo volume , che per rigore scientifico dell'analisi e vivacità della narrazione , a mio parere non ha eguali nella pur ampia pubblicistica sull'argomento.Del socialismo Italiano cui và riconosciuto il grande merito di essere stato l'unico tra i grandi partiti socialisti di massa europei a tener fede ai principi marxisti nella irriducibile opposizione alla Grande Guerra, Spriano ne sottolinea la contraddizione di fondo, ossia di un partito appiattito e paralizzato dall'inutile attendismo dei Riformisti di Turati e le sterili illusioni rivoluzionarie dei Massimalisti di Serrati. Ragion per cui, lo storico condivide il giudizio di Lenin del 1921, secondo cui il PSI non fu mai un partito rivoluzionario. Contro coloro poi che parlano della Scissione comunista di Livorno del 1921 come del più grande trionfo della reazione fascista, l'autore difende la neccessità storica che ne è all' origine. Basta ricordare al riguardo le parole di Gramsci:"il partito si è formato a Livorno su una base concreta e immediata, il distacco dai riformisti e da coloro che si mettevano dalla parte dei riformisti contro l'Internazionale."Di grande importanza anche il capitolo dedicato all'indagine storica sulla natura del regime fascista. Il fascismo secondo Spriano non fu una rivoluzione,ma una feroce reazione di classe.In buona sostanza, il fascismo consolidò e aggravò lo spessore reazionario della società italiana.Infine contro le tesi infondate dei molti detrattori Spriano afferma come la politica portata avanti da Togliatti con la Svolta Di Salerno, che non rispondeva a ordini di Mosca,ostacolò il disegno degli alleati anglossasoni di mantenere l'Italia in una posizione di passiva sudditanza, cementò l'unità antifascista e non cedette sull'essenziale, cioè sull'impegno di una Costituente.Lo consiglio a chi stanco delle imposture storiografiche voglia conoscere idee e protagonisti della storia della sinistra italiana del 900. Leggetelo è tutto vero !
Recensioni
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Si colgono, in questi scritti di Paolo Spriano, tante figure di protagonisti e di antagonisti, con la nettezza di un profilo storico, da Turati a Serrati, da Gramsci a Bordiga, da Morandi a Nenni, da Togliatti a Longo, da Gaetano Salvemini a Giovanni Amendola, da Mussolini ad Agnelli, ma il libro non è una galleria di ritratti critici. è, appunto, un discorso complessivo che si intreccia e si incentra Sulla rivoluzione italiana, esaminata prevalentemente nelle due grandi crisi politiche e sociali che ne hanno segnato sinora il corso, travagliato, gli strappi e le sconfitte, le pause, i progressi e le interruzioni, l'incubazione e le componenti. La ricostruzione di avvenimenti e momenti decisivi- fatta cori il linguaggio diretto e accattivante della narrazione - si accompagna, si alterna, a una critica puntuale della storiografia sull'argomento. L'autore sottolinea, in polemica con le piú comuni interpretazioni odierne, l'ampiezza e la profondità della «crisi rivoluzionaria» del 1917-20 e la natura di risposta di classe, reazionaria, del regime fascista. Sulla seconda crisi storica qui considerata, quella del 1943-47, dove protagonistà di tante delle pagine piú vive del volume diventa la lotta operaia e partigiana della Resistenza, Spriano ripropone la validità di un criterio che si fonda su due capisaldi: il carattere di iniziale rivoluzione democratica e antifascista che ha la guerra di liberazione e la gravità dell'interruzione che essa subisce con la rottura del 1947. Il punto di vista comunista, personale e appassionato, dell'autore colpisce vari bersagli a destra e a sinistra, all'interno e all'esterno di una tradizione politica e ideologica. Ogni scritto è tuttavia animato da un bisogno dialogico, e il lettore, il militante e il giovane anzitutto, vi è chiamato come costante interlocutore. Il saggio introduttivo, che conferma l'ispirazione organica della raccolta, ha il valore di un intervento esplicito nell'attuale dibattito generale.
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