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La personalità di Antonio Iannello (1930-1998), architetto, ambientalista, per diversi anni segretario nazionale di Italia Nostra, non è facilmente inquadrabile. Per quanto il suo nome sia noto solo ad alcuni addetti ai lavori, la tutela del patrimonio storico e ambientale del nostro paese deve molto a questo napoletano schivo e tenace, vulcanico e discreto. Il libro di Erbani - un racconto spigliato e avvincente - ha il merito di tentare una ricostruzione d'insieme della sua biografia e del suo impegno civile e politico. Per quanto fosse uomo di intemerata moralità, Iannello non era un moralista e non disprezzava la politica come confronto aspro e scontro di interessi oltre che di valori. Bravissimo nel lobbismo promozionale, non aveva paura di sporcarsi le mani con contatti trasversali con le varie forze politiche per raggiungere l'obiettivo prefissato. Ancora, per quanto autore di battaglie difensive per evitare sconci all'ambiente, Iannello non era un uomo della sola protesta. A tal proposito basterà ricordare che egli fu l'ideatore e il promotore della legge Galasso per la tutela del paesaggio varata fra il 1984 e il 1986. L'aspetto forse più interessante e attuale riguarda però le coordinate culturali che ne ispiravano le iniziative. I suoi referenti ideali erano Benedetto Croce e la tradizione risorgimentale della destra storica. Da qui la radicata avversione al regionalismo e al decentramento. In tema di pianificazione urbanistica e di tutela del patrimonio artistico la dimensione locale gli pareva troppo angusta e inevitabilmente soggetta all'influenza di interessi meschini e di appetiti speculativi. Per tutelare il territorio e il paesaggio occorreva far ricorso a un'istanza superiore che per Iannello era lo stato unitario come garante necessario della supremazia della legge. Una concezione, questa, che può servire da utile contravveleno alla sbornia federalista che, da qualche anno in qua, sembra aver contagiato tutte le forze politiche.
Maurizio Griffo
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