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Il 22 luglio 1944 il comune di San Miniato conosce da vicino la crudeltà della guerra: cinquantacinque persone trovano la morte all'interno del duomo a causa di una violentissima esplosione. La strage viene attribuita alle truppe tedesche che occupano la cittadina in quei giorni. L'inchiesta sul caso si conclude con una sentenza di colpevolezza ai danni della Panzer-Grenadier-Division. La tesi del giudice Giannattasio sulla base delle testimonianze raccolte è la seguente: le truppe tedesche riuniscono parte della popolazione locale nella chiesa e dopo aver chiuso le porte innescano un ordigno bellico che agendo dall'interno produce la strage e la distruzione del duomo. A distanza di un decennio però il caso è riaperto dalle autorità ecclesiastiche locali: accurate perizie balistiche rivelano che una granata americana è stata gettata dall'alto ed è penetrata nel duomo dall'esterno. L'intervento della curia è volto più che a discolpare i tedeschi a riabilitare la figura del vescovo Giubbi accusato di aver avallato la strage. Paggi con i contributi di Giovanni Contini Sheyla Moroni Carlo Gentile e Pier Luigi Ballini ripercorre le fasi della vicenda. Molti sono i motivi che concorrono a confondere le acque. La costruzione di una memoria pubblica è il primo ostacolo alla risoluzione del caso in quanto il Comune assume una versione ufficiale che molto difficilmente è poi disposto a rinnegare. Tutto ciò è favorito dal clima politico dei primi anni del dopoguerra: l'antifascismo e il filo-americanismo sono i punti di riferimento ideale del nuovo establishment di governo. Le stesse testimonianze dei sopravvissuti subiscono l'influenza del clima politico.
Francesca Somenzari
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