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Tra i primi testi ad analizzare il fenomeno delle bufale, prima ancora che diventassero di moda come fake news nell'era di Trump. Interessante galleria documentata quando ancora eravamo all'inizio della globalizzazione dell'informazione
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Che l'esistenza di comunicazioni con dimensioni di massa sia antecedente all'invenzione dei primi massmedia (almeno della scrittura) è testimoniato dal dominio che la diffusione di miti e altri elementi folclorici ha esercitato per gran parte della storia dell'umanità. Oggi, questi stessi metodi di trasmissione non sono affatto scomparsi; anzi, le odierne istanze della modernizzazione hanno finito paradossalmente per riprodurre un ambiente dove le forme della tradizione e una fruizione prevalentemente emotiva dei messaggi tornano a imporsi. Ne è la riprova il crescente interesse verso l'analisi delle urban legends. Sempre meno viva come forma di narrazione orale, la "leggenda metropolitana" si è spostata dal folclore alla cultura popolare, dove è stata tipizzata e standardizzata, contribuendo così a creare un'illusione di leggibilità del mondo. Al disvelamento dei meccanismi che l'alimentano e concorrono a diffonderla contribuisce questo libro di Paolo Toselli (responsabile del Centro per la raccolta delle voci e leggende contemporanee di Alessandria), che offre al lettore anche una significativa mappatura di generi a essa similari: da quelli meno strutturati dei rumors (le "voci che corrono") o delle dicerie a quello ancora più articolato dei "falsi" giornalistici.
Dettagliata è la ricostruzione della genesi di queste storie che, benché sempre anonime negli attori coinvolti e nelle fonti primarie, possono sopravvivere a lungo, declinandosi in versioni eterogenee e agendo in luoghi geografici anche lontani (pur modellandosi su un numero limitato di motivi e variazioni di base che ne prestrutturano e delimitano la gamma di significati). Precisa e attenta è poi la ricognizione di un territorio in cui è labile il confine tra reale e immaginario, vero e verosimile: amalgamando elementi di verità con altri fictional, le urban legends si muovono nell'indeterminatezza della verosimiglianza, concetto che tende a privilegiare la credibilità di una storia presso il pubblico, prediligendo l'opinione soggettiva di quest'ultimo, una visione conforme al senso comune, più che una possibilità o probabilità stabilite sulla base di criteri oggettivi.
Il ricco materiale documentale attraverso cui procede la disamina è tratto per la gran parte dagli organi di informazione, a dimostrazione di come i massmedia, in una società in cui la dimensione mediatica coincide ormai con la dimensione della definizione della realtà, siano diventati essi stessi, al contempo, principale veicolo di trasmissione e certificazione di veridicità di leggende, dicerie, bufale. È soprattutto Internet, con la globalità delle sue interconnessioni, a imporre all'intero universo dell'informazione la propria capacità di scavalcare ogni mediazione, rivolgendosi direttamente al proprio pubblico: un'immediatezza che è anche assenza di filtro critico, professionale, da applicare alla nuova definizione della realtà, in un ecosistema informativo in cui la velocizzazione della comunicazione è direttamente proporzionale all'abbassamento della qualità dell'informazione, e dove la manipolazione è rafforzata dalla sempre più evidente cortocircuitazione delle stesse istanze deputate alla gestione delle notizie, e anzi proprio da tali ambienti resa più credibile.
Ma il saggio di Toselli merita attenzione anche per le pagine conclusive che forniscono una contestualizzazione (sintetica, in verità) delle urban legends nel più ampio quadro delle valenze socio-antropologiche: riattivando dei motivi simbolici celati nell'immaginario collettivo, nel folclore antico delle fiabe e dei miti, le leggende metropolitane si connotano come un particolare modo di esperire il mondo, celando assunti ideologici tramite i quali modellizzare il reale.
Rita Giaccari
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