Gli annali dei popoli presentano, a rari intervalli di tempo, certi uomini più che tutt'altri famosi, i quali in sè, a così dire, compendiano la civiltà d'un secolo intero, e lasciano, al loro inabissarsi nei tempi, una lunghissima catena di memorie, d'instituzioni e di gloria. Tal fu Carlomagno. Se non che la società dell'ottavo e del nono secolo ancor non era foggiata alle forme generali d'una regolata amministrazione, ed indarno il figlio di Pipino, capo degli Austrasii, innalzarla volle fino alla sua propria altezza, e fondar un impero commisurato alla vasta sua mente, chè la società ricusò di camminar sì veloce, e di secondare lo smisurato intendimento suo. L'impero d'Occidente, straordinaria creazione, fuor delle consuetudini così dei Franchi come dei Germani, rimase non più che un accozzamento di popoli, posti insieme così ad un tratto dalla conquista, ond'è ch'esso cadde insiem con la testa possente che lo avea fondato. Colà dove Carlomagno avea stabilita l'unità sorse la dissoluzione: l'impero d'Occidente, nato d'un colpo, d'un colpo anche crollò: portentoso parto d'un sol uomo, che seco ne portò il segreto nel sepolcro suo d'Aquisgrana. L'impero di Carlomagno è come a dire un ponte sterminato e luminoso gittato fra due epoche barbare. Le sorti del periodo merovingico già erano al tutto compiute, e appena è che se ne trovi qualche menzione nelle leggi e negli atti de' Carolingi; ma quando avverrà che la storia si sollevi a una certa altezza rispetto a' tempi dei Merovei, ella si applicherà più che altro ad un sol punto che spiega e amplifica que' tempi antichi, e troverà che non vi fu cosa più vasta, nè più atta ad incivilire dell'opera dei vescovi dal secolo quinto all'ottavo. In mezzo a quelle sanguinose guerre fra i Barbari, che straziano il cuore, e in cui vedi il perpetuo conflitto delle orde selvagge che si contrastavan fra loro il bottino, in mezzo a quella pittura di passioni e di odii fra tribù e tribù, coll'istinto e la ferocità loro natia, vedi apparire i vescovi, que' grandi municipali dell'epoca merovingica, i quali diventan come i guardiani, i protettori delle città e delle popolazioni. Che mirabili storie non son quelle infatti di Martino di Tours, di Maclovio che incivilì la Bretagna, di Fortunato, dell'un santo Germano d'Auxerre e dell'altro, d'Onorato di Marsiglia, di Remigio di Reims, di Cesario d'Arli, di Vasto d'Arras, di Gregorio, pure di Tours, e di tanti altri di splendida memoria, che si consacrarono alla difesa della città gallica! Dir potrebbesi giustamente che la prima razza è dominata da due grandi fatti cristiani: la costituzione dell'episcopato e la vasta fondazione di san Benedetto; e finchè non sia chi, scrivendo intorno a questa istoria, si ponga a considerarla da questo largo prospetto, non verrà mai fatto ad alcuno di comprendere e descrivere l'indole vera della prima schiatta. La Gallia christiana è la più grande spiegazione che aver si possa dei quattro secoli franchi. All'altro estremo del periodo carolingico, è il principio della terza schiatta, la quale non ha maggior somiglianza che la prima, con l'opera concetta da Carlomagno. Il decimo secolo vede l'origine della feudalità, svolgimento essa di quel sistema, che rappicca le une con le altre terre in una lunga gerarchia: l'allodio, il feudo sovrano, il feudo dipendente; onde avviene un compiuto mutamento nello stato delle persone e delle sostanze. Le instituzioni carolingiche non lasciarono dopo di sè vestigio alcuno; nuovi doveri s'impongono; i beneficii e, quasi direi, gli allodii e le proprietà libere si dileguano; la romana idea del fisco, il sistema penale dei componimenti fra le parti vengono meno, ed appena è che a quando a quando s'incontri
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