Ricostruire attraverso sei secoli, dal primo Quattrocento a oggi, essenziali percorsi dell'arte coreutica nel nostro paese è stato l'intento del curatore, eccellente studioso di origine portoghese che ha lungamente coltivato e promosso ricerche di danza, riservando una particolare attenzione per le vicende italiane, attraverso, fra l'altro, i numeri della rivista "La danza italiana" da lui fondata, laboratorio di indagini eccellenti. L'idea è stata quella di capovolgere il punto di vista che vede nella Francia il centro propulsore del balletto europeo, con l'Académie fondata da Luigi XIV, la prima codificazione dei principi che ne regolano tutt'oggi i fondamenti e l'irraggiamento all'estero che ne è conseguito. La scelta è stata piuttosto a partire dalle origini tutte italiane della danza teatrale tra Quattro e Cinquecento, fase fondativa alla quale tutti i manuali di storia della danza riservano spazio quella di seguire in modo dettagliato e ampio il seguito di quella storia, gli sviluppi nostro paese e gli apporti che dall'Italia hanno continuato a diramarsi oltralpe. Per condurre in porto l'impresa, Sasportes ha scelto sei specialisti, alcuni dei quali avevano già contribuito alla rivista: Maurizio Padovan (Quattro e Cinquecento), Ornella Di Tondo (Seicento), Rita Zambon (Settecento e primo Ottocento), Rita Maria Fabris (Ottocento), Silvia Poletti (Novecento) e Francesca Pedroni (secondo Novecento e oltre). Il risultato è un percorso inedito del tutto originale e ricco di suggestioni, fondato su ricerche e approfondimenti, frutto di studi che in questi ultimi anni hanno grandemente contribuito a gettare le basi per una nuova storia della danza, sviluppata altresì nelle relazioni con gli altri linguaggi artistici. La vicenda italiana mette in luce anche alcune direttrici di sviluppo peculiari, come il concetto dell'autonomia artistica della creazione coreografica rinvenibile in diversi periodi della sua storia. Fin dalle origini si può riscontrare tale tendenza, nei divertimenti e nelle feste di corte, nei primi trattati dei maestri di ballo che a partire dal Quattrocento fissano principi essenziali e nuclei espressivi. La si può riconoscere poi negli sviluppi successivi di una pratica della pantomima che condensa saperi teatrali, invenzioni gestuali, dinamismi cinetici nelle figure di una particolare lingua espressiva e vigorosa apprezzata anche all'estero. Affascinante è seguire di capitolo in capitolo i mille sentieri che dalla grande civiltà delle corti italiane si dipartono, comportamenti e modi di vivere che tramite la danza esprimono ideali di grazia e armonia, generi specifici, prime drammatizzazioni di temi giocosi e amorosi. In epoca barocca il balletto italiano assume un carattere decisamente teatrale, trova spazio negli intermezzi dello spettacolo di corte e nei primi melodrammi, si organizza in forme anche professionali simili a quelle delle compagnie dell'Arte, viene accolto nella pedagogia teatrale dei gesuiti. Con il Settecento l'asse inevitabilmente si sposta e da Parigi al resto d'Europa i centri si moltiplicano. Le novità francesi raggiungono presto a loro volta l'Italia e si innestano sulla tradizione locale, la pantomima dei "bouffons" si raffina, il danzatore di genere grottesco ne raccoglie tecniche e modi. Nella seconda metà del secolo il contributo del fiorentino Gasparo Angiolini, attivo presso la corte di Vienna, è determinante per lo sviluppo del balletto d'azione, genere nuovo affinato anche nel dibattito con Jean Georges Noverre, grazie al quale la danza si emancipa da vincoli operistici e teatrali. Intanto a Torino, Milano, Napoli si affermano i grandi centri musicali e in seguito le scuole di danza del Regio, della Scala, del San Carlo, e a Milano trionfa il coreodramma di Salvatore Viganò, si sviluppano le teorie e il fondamentale sistema pedagogico di Carlo Blasis. Ricchi di dati sono i capitoli successivi, sulle tracce del balletto romantico italiano, del ballo grande come il celebre Excelsior, del successo all'estero di grandi virtuose. Il Novecento poi occupa giustamente due capitoli interi (fino agli anni ottanta il primo e ai giorni nostri il secondo). Il racconto qui necessariamente si frammenta per dare conto della fase iniziale di declino, dei fondamentali passaggi e apporti dall'estero (la figura di Milloss in primo luogo), della creazione dell'Accademia nazionale di danza, del Maggio Musicale. Nel dopoguerra si segnalano compagnie e istituzioni di prestigio (Aterballetto, Balletto di Toscana), protagonisti e dive come Carla Fracci, ulteriori apporti dall'estero come quelli di Graham e di Béjart. Poi negli anni ottanta parte l'avventura della "danza d'autore", suscitata anche dall'esperienza pedagogica di Carolyn Carlson alla Fenice di Venezia (1981-1983). Di qui la storia contemporanea va sminuzzandosi in nomi, tendenze, formazioni che è giusto registrare, ma certo ancora presto per comprendere a pieno e storicizzare. Ogni capitolo è seguito da un'utilissima cronologia e una bibliografia assai accurata. Silvia Carandini
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