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Questo libro che rappresenta la continuazione di quella monumentale storia del Pacifico a partire da Magellano, intrapresa dall’autore con ‘Il lago spagnolo’, offre all’attenzione dei lettori i personaggi e le vicende che trasformano quella immensa distesa senza nome in un aggrovigliato intreccio di rapporti commerciali e strategici, teatro di aspri conflitti.Il volume si apre con l’entrata in scena degli olandesi, ormai pronti e preparati ad assumere un ruolo trainante nelle Indie Orientali, a soppiantare i portoghesi nella loro precaria presa su un Giappone coriaceo a ogni influsso esterno, e ad esplorare il nuovissimo mondo australiano, da loro battezzato Nuova Olanda. E assieme alla presenza olandese – in questo periodo storico che va dall’inizio del XVII alla fine del XVIII secolo -, si assiste all’arrivo dei russi nel Pacifico, alla nascita degli imponenti traffici mercantili con la Cina, alle ripercussioni sull’oceano delle guerre europee, al dilagare dei bucanieri, agli assalti britannici all’Impero spagnolo in Sud America e nelle Filippine, a nuovi, grandi viaggi di esplorazione. Gli ultimi capitoli sono dedicati al sorprendente ritorno di fiamma della Spagna, siglato dall’espansione dell’Impero in Cile e in California.Spate riesce così – con profonda erudizione, stile e capacità narrativa – a dare una visione d’insieme della storia del Pacifico, inserita nel contesto generale delle vicende economiche e politiche del mondo, ricorrendo in larga misura a fonti indirette, ma anche, ogni qual volta sia possibile, a materiali e testi coevi. Un grande quadro unitario dove trova posto anche la storia intesa come racconto, in un dipanarsi di avventure, di vittorie e di immani disastri, di astuzie commerciali e di eroismi.
recensione di Ottaviano, C., L'Indice 1989, n. 2
È un libro destinato a essere un classico. L'autore, che da giovane aveva iniziato la sua carriera al servizio di sua maestà in India e in Birmania, e il cui primo insegnamento come docente di geografia risale al 1937, presso l'Università di Rangoon, è ormai da più di vent'anni direttore della Research School of Pacific Studies all'Australian National University. Il corposo volume, appena tradotto dalla casa editrice Einaudi, fa parte dell'ambizioso disegno di una monumentale storia del Pacifico a partire dalle scoperte di Magellano. L'opera che lo precede è "Il lago spagnolo", edito in Italia lo scorso anno nella stessa collana della "Biblioteca di cultura storica", in cui più unitariamente vengono narrate le vicende della signoria iberica. È già previsto un volume successivo, più specificatamente dedicato all'apertura geografica e commerciale delle acque dell'oceano. "Mercanti e bucanieri" affronta la complessa matassa delle vicende legate all'attività degli europei nella vasta area pacifica tra il 1600 e il 1750, un periodo, come è ricordato, avvolto quasi in una sorta di oscurità medievale. Olandesi, russi, francesi, spagnoli, insieme a bucanieri, pirati, esploratori, missionari e commercianti, sono i protagonisti di una narrazione pienamente consapevole della difficoltà di condurre a unità, se non appunto attraverso il racconto, una materia a cui è difficile, rinunciando ad approcci ideologici, fornire una solida cornice. Il destino di ogni storico, secondo Spate, è quello di essere a volte costretto a destreggiarsi come un cavallerizzo da circo che deve tenere a bada sei cavalli alla volta; nel circo però, viene ironicamente ricordato, i cavalli hanno la stessa bardatura e sono addestrati ad andare alla stessa velocità. Se solida non è la cornice, solidissima e pero l'erudizione dell'autore, che non si traduce in pedanteria o in un eccesso di apparato di note, mai noiose comunque, ma piuttosto in sicurezza nei giudizi e in piacevolezza nella scrittura.
Per quanto riguarda quello che potrebbe dirsi un bilancio di esercizio fra Europa e Asia per il XVII secolo, ogni conclusione risoluta è, a giudizio dell'autore, avventata. Se non possono esservi dubbi sugli effetti devastanti su larghi settori delle società ed economie asiatiche dopo la rivoluzione industriale, non sempre si può condividere un giudizio così netto per periodi più remoti. Per quanto i traffici euro-asiatici appaiano significativi, essi comunque assorbirono solo una frazione non più che modesta delle transazioni economiche globali tanto in Europa che in Asia; i profitti riguardavano ristrette cerchie di mercanti e loro associati e poco hanno a che vedere con le contabilità nazionali. Nel bilancio dell'esercizio, suggerisce Spate, bisognerebbe contabilizzare anche profitti e perdite di ordine morale e culturale; un compito certo arduo, quale peso per esempio assegnare alla maledizione sociale dell'oppio a fronte del comfort sociale del tè?
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