Terminato con soddisfazione il primo capitolo della storia, mi si proponevano fondamentalmente tre alternative (oltre a quella, semplicemente, di passare ad altro): scrivere un secondo volume (I delitti) sostanzialmente ripetitivo e inutile; saltare a piè pari i delitti e scrivere un terzo volume (I processi), ma sulla base di una documentazione in fieri e ad oggi, 1 maggio 2015, non ancora completa; seguire i fili sparsi delle innumerevoli cose che già si conoscono, ma sono proposte in maniera inorganica, parziale, spesso falsata, cercando di approfondire, sia attraverso una rivisitazione critica di “luoghi comuni” sia con una ricerca originale di argomenti poco esplorati, le tematiche che potevano sembrare meritevoli di ulteriore trattazione. Quasi involontariamente, è venuta fuori, invece che un secondo volume mediocremente originale, una serie di approfondimenti che compongono un patchwork, con tutti i limiti, ma anche la inerente libertà, insiti in questa modalità espressiva. Il blog si è rivelato a questo fine un accettabile strumento per condividere non solo pensieri e riflessioni estemporanei, ma che a giudizio dell'autore meritavano di essere fissati nella scrittura – e spesse volte anche integrazioni a quanto era stato scritto nel libro, alla luce di nuove informazioni che erano diventate nel frattempo disponibili – ma anche “tentativi di interpretazione” che potranno essere accolti e sviluppati in successivi scritti, quando ve ne saranno le condizioni; oltre a considerazioni di metodo, ad esempio sul relativo valore delle “fonti”, che considero propedeutiche a un qualsivoglia approccio di studio. Ancora una parola sulla finalità ultima, che purtroppo non è quella di scoprire – e magari catturare – l'assassino o gli assassini. A differenza di alcuni autori di scritti recenti (cito qui Segnini e Scrivo, ma ve ne saranno altri), il mio pessimismo della ragione mi impedisce di sperare che il/i colpevole/i sia/no mai individuati con certezza, ossia tramite prove giuridicamente valide; quindi, temo che il caso del Mostro di Firenze rimarrà per sempre un cold case, visto che anche il principale accusatore sembra ora convinto, a sentire le sue dichiarazioni, di aver potuto raccontare soltanto “la mezza messa”; e non si dimentichi che anche la verità giudiziaria conclamata dà conto soltanto di cinque duplici omicidi su otto (dieci vittime sulle sedici che caddero sotto i colpi della nefasta calibro 22) né è stata in grado di spiegare in qual modo un'unica arma leghi a sé il Mele assassino per onore del 1968, per passare, attraverso un Pacciani serial killer per libidine morto in attesa di nuovo giudizio, nelle mani dei Compagni di Merende assassini di coppiette per commissione, ricevuta peraltro da soggetti rimasti ignoti... )
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