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Il libro propone la traduzione italiana di due scritti di Pavel Florenskij, dei quali il secondo - "Una presumibile struttura statale nel futuro" - pone una serie importante di questioni ermeneutiche. Innanzitutto, il saggio introduttivo della traduttrice presenta errori grossolani, e solo nell'"Avvertenza" che segue il saggio si accenna al fatto che il suddetto lavoro di Florenskij è stato scritto durante la detenzione alla Lubjanka, dove sotto torture fisiche e psicologiche, padre Pavel si è volutamente addossato una falsa confessione nel tentativo di fare ridurre la pena di altri detenuti che, senza conoscerlo, lo avevano accusato e fatto arrestare. Ora, per chi conosce anche solo minimamente cosa è stata la polizia politica sovietica e cosa è stata la Lubjanka, è del tutto evidente che lo scritto in questione di Florenskij, anche in considerazione del fatto che accompagnò i verbali con cui egli si autoaccusava, non può essere preso come un documento del tutto attendibile, né come testimonianza dell'organicità del suo pensiero o come il "lascito conclusivo" di Florenskij, come invece si legge in uno dei due saggi che accompagnano lo scritto florenskiano. È evidente che l'ermeneutica di questo breve saggio florenskiano richiede una particolare attenzione, e soprattutto una profonda e sincera conoscenza del pensiero di padre Florenskij, cosa che gli autori dei saggi critici presenti nel volume dimostrano di non avere, dimostrando invece di voler quasi "colpire" Florenskij, mossi da una qualche motivazione di tipo ideologico. Si tratta quindi di un testo che, per come viene proposto, risulta mendace e disorientante per il lettore poco accorto o che pensa di potersi accostare a Florenskij attraverso questo libello.
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