La stanza

La mia lettura è paragonabile ad una folle corsa con un'auto, piede sull'acceleratore mai staccato. Le pagine scorrono velocissime grazie alla vicenda, alla struttura dei cortissimi capitoli, all'impaginazione. Voglio arrivare alla fine prima possibile, voglio sapere come si conclude l'ultima pagina. Diciamo che mi sono sentito come se il motore si fosse fuso e il finale lo avessi letto a spinta. Il libro vale, non ci sono dubbi. La mia aspettativa era forse troppo alta.

Un libro breve quanto emozionante. Il ritmo angosciante e lo stile assurdo e a tratti grottesco mi ricordano libri come "La casa di foglie" di Mark Danielewski e in generale il genere "kafkiano". La sua brevità poi lo rende niente affatto pesante, ottimo da leggere sotto l'ombrellone. Il finale aperto è la ciliegina sulla torta di questo bel romanzo

Il lavoro come affermazione di sé, il lavoro come microcosmo pulsante, il lavoro come nido e paradigma dell'individuo. Con una fascinazione sinistra per gli spazi e per i vuoti, un romanzo-scheggia che ci punge in poco più di un paio d'ore di letture.