L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
IBS.it, l'altro eCommerce
Cliccando su “Conferma” dichiari che il contenuto da te inserito è conforme alle Condizioni Generali d’Uso del Sito ed alle Linee Guida sui Contenuti Vietati. Puoi rileggere e modificare e successivamente confermare il tuo contenuto. Tra poche ore lo troverai online (in caso contrario verifica la conformità del contenuto alle policy del Sito).
Grazie per la tua recensione!
Tra poche ore la vedrai online (in caso contrario verifica la conformità del testo alle nostre linee guida). Dopo la pubblicazione per te +4 punti
Tutti i formati ed edizioni
Promo attive (0)
L'intimità di un colloquio con la propria compagna, il paesaggio spesso al tramonto, un'attitudine meditativa, a tratti sentenziosa, sono ingredienti a prima vista desueti nel piccolo territorio della poesia, e sono, da sempre, gli ingredienti della poesia di Adriano Sansa, autore di questa Speranza del testimone, che segna oltre quarant'anni di fedeltà alla poesia, da quella lontana Vigilia (1967) prefata da Angelo Barile. Eppure basta un campione di questi ingredienti per sorprenderci. Ecco un avvento notturno "proprio nel tempo che ormai rivelava / l'ossatura del vivi e delle cose / con crudele chiarezza", ma questa spietata luce ossea delle cose si tempera con "la tua carne / che mi posa vicino silenziosa / e dorme nel silenzio della casa". Il dormire coniugale, con la sua sensorialità di carne e silenzio è una sufficiente "carica" ad alimentare le speranze del testimone, e tutto il libretto si elabora in una serie di prove di congedo ed estinzione con notazioni e raccolta di gesti e segni di un quotidiano intimo e minuto, proposte come protezione e possibilità.
Se il tema è costante, le soluzioni sono sempre diverse e spesso suggestive in una loro freschezza per il gusto di un garbato contrappunto, che si spera essere anche un contropiede: ad esempio la desolata proiezione post mortem ("Disferanno anche i muri, il nostro letto / sarà messo in disparte e poi gettato"), che si chiude con un semplicissimo e affettuosissimo "Dormi, amore", e tanto basta a inquadrare quella contiguità corporea e di respiri domestici, che è la cifra più propria della poesia di Sansa. Una poesia che tiene certo conto di una classica linea "in chiaro" del Novecento, si pensi a Saba, ma con una ben diversa misura dell'ego, nel regime costante di quel colloquio domestico e fa piuttosto pensare a un John Donne del XXI secolo, destituito beninteso del suo furore metaforico. Non meno originale il tema della casa, che si costituisce come un perno essenziale non a caso per chi come Sansa, istriano settantenne, visse tutta l'infanzia e l'adolescenza il dramma di essere profugo nella propria stessa terra. Così "Una coppia che balla appena entrata / nel tinello" tratteggia l'improvviso del gioco coniugale, in una solitaria danza notturna e domestica, che sbuca dalla "nebbia del silenzio". Ecco, siamo al cuore di La speranza del testimone: l'inseguimento della sopravveniente morte sul vario scintillio degli affetti dell'umana compagnia dà un costante regime di interrogazione e sospensione, tanto più suggestivo in quanto non ostentato, ma ricalcato sull'attenzione al paesaggio ligure assai stilizzato (mare, monte, palma, ulivo, ramo, vento), e dove è possibile leggere i segni di una dimensione creaturale, ad esempio rilevando la forza (e non la abusata immagine di fragilità) di piccole foglie d'ulivo "avvezze a tenere / la furia del grecale ma d'estate / capaci di godere e inargentarsi".
Sansa si è tenuto infine stretto un vecchio strumento, come l'endecasillabo, che ha tutto un suo sapore e una sua valenza, perchè non è mai il verso sonante e maiuscolo della tradizione, ma sbarbarianamente dimesso è come una "casa" del linguaggio poetico, che offre identità e chiarezza. Stefano Verdino
L'articolo è stato aggiunto al carrello
L’articolo è stato aggiunto alla lista dei desideri
Siamo spiacenti si è verificato un errore imprevisto, la preghiamo di riprovare.
Verrai avvisato via email sulle novità di Nome Autore