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Per rintracciare le origini dell'odierna imagologia e darne una nuova definizione, Paolo Proietti risale, in Specchi del letterario: l'imagologia, ai precursori francesi degli studi di letteratura comparata: già nei saggi e negli articoli di Jospeh Text, Paul Van Thiegem e Paul Hazard, e ancor più in quello dei loro successori Jean-Marie Carré e Mauris-François Guyard, lo studio delle "influenze" e delle "fonti" straniere su un'opera o un periodo della storia letteraria nazionale aveva in animo, più che la compilazione erudita dei rimandi testuali, l'osservazione dell'immagine che in quel dato contesto assumeva lo straniero, l'altro. Era un modo per lasciar emergere dai testi letterari un punto di vista insolito, quello degli sconosciuti, degli stranieri, che vi si affacciavano. Per fare ciò la letteratura comparata doveva attingere alle risorse di altre discipline, come la psicologia, l'antropologia e la sociologia, uscendo dal dominio consueto della critica letteraria per tentare delle sortite nel territorio dell'"extra-letterario". A metà degli anni sessanta, per rispondere alle critiche di René Wellek e di altri studiosi americani che giudicavano questo metodo eccessivamente incline alla sociologia e troppo poco attento all'analisi dei testi, il belga Hugo Dysenrick e il francese Daniel-Henri Pageaux rinnovarono lo studio delle "influenze" dando vita, con modi e tempi diversi, alla moderna imagologia. Per i due studiosi francofoni, che Proietti indica come i fondatori della moderna imagologia, la ricerca sull'immaginario corrisponde allo studio degli stereotipi (o "strutture imagotipiche") dello straniero e in generale dell'altro, sia a livello testuale, ossia nelle descrizioni e nelle formule interne alla narrazione, sia in rapporto alla ricezione di un'opera, spesso accolta o respinta dal pubblico e dalla critica sulla scorta di pregiudizi e opinioni pregresse. Introducendo l'imagologia intesa quindi come studio delle rappresentazioni dello straniero e non delle immagini letterarie tout court nel panorama critico italiano, Proietti ne sottolinea il legame con gli studi sulla ricezione di Hans Robert Jauss e Wolfgang Iser e con i Cultural Studies, nell'orizzonte delle "poetiche comparate" teorizzate negli anni Novanta da Earl Miner. Per Proietti l'attenzione all'altro, lettore, viaggiatore o immigrato che sia, rende l'approccio imagologico di stringente attualità e predisposto a numerosi campi di applicazione. Esemplificate anche nei saggi raccolti in Il grado zero dell'immagine. Rispecchiamenti dell'Io nell'Altro (scritto insieme a Gianni Puglisi, pp. 68, 12, Sellerio, Palermo 2007), queste applicazioni vanno dallo studio estetico e storico della ricezione alla scoperta di spazi culturali e letterature emergenti, dall'analisi delle retoriche presenti nella letteratura di viaggio all'indagine sugli archetipi psichici che, sotto l'immagine dell'ignoto, celano le nostre paure e i nostri desideri segreti. Stefano A. Moretti
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