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Lo spazio letterario di Roma antica. Vol. 2: La circolazione del testo. - copertina
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Lo spazio letterario di Roma antica. Vol. 2: La circolazione del testo. - copertina

Descrizione


Dalla produzione alla circolazione del testo: il secondo volume de Lo spazio letterario di Roma antica affronta gli innumerevoli itinerari dei testi verso il loro pubblico. Sono forme di comunicazione orale che si svolgono in contesti centrali nella vita civica romana. Anzitutto il Foro e gli altri luoghi della politica: quelli tradizionali e quelli nuovi, creati dalla nascita del Principato e delle cerchie di corte; ma anche il tribunale, il teatro, gli auditoria, gli ambienti delle élites. Sono pure, naturalmente, forme di comunicazione scritta. Alcune di queste, come le scritture esposte, hanno caratterizzato talmente il mondo romano da farlo definire, appunto, come una «civiltà epigrafica». Quelli dell’epigrafia sono contesti aperti, ma la comunicazione dello scritto si realizza anche negli spazi chiusi delle biblioteche pubbliche e private e delle scuole, e attraverso le pratiche epistolari. In questo universo di comunicazione, lingua e lingue hanno un posto centrale. Il mondo romano è variegato da infinite venature di idiomi e dialetti locali e dominato da due lingue, il greco e il latino: la circolazione del testo diventa acculturazione anche attraverso traduzioni spesso obbligate. Si creano particolari dislocazioni letterarie: in un impero connotato da forte polarità tra centro e periferie emergono e si affermano le culture locali, qui rivisitate nelle forme problematiche della loro autocoscienza.

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Dettagli

1989
1 dicembre 1989
624 p., ill. , Rilegato
9788884020321

Voce della critica

SAVINO, EZIO (A CURA DI), La letteratura greca della Cambridge University, vol.I: Da Omero alla Commedia

AA.VV., Lo spazio letterario di Roma antica, vol.II: La circolazione del testo

AA.VV., Lo spazio letterario di Roma antica, vol.I: La produzione del testo
recensione di Montanari, F., L'Indice 1990, n. 4

Nel corso di questo secolo, di cui abbiamo imboccato l'ultimo decennio, si è molto dibattuto sul concetto di "storia della letteratura", e di conseguenza su quello di "manuale di storia della letteratura": il Novecento pullula di prese di posizione e di polemiche sul tema, ed è ben noto che figure autorevoli, da Eliot a Croce a Wellek, sono arrivate a dichiarare impossibile fare storia letteraria, di conseguenza esprimendosi talora in toni molto negativi sui manuali di storia letteraria. Un'occasione per ripensarci è il libro di Remo Ceserani, "Raccontare la letteratura" (Torino, Bollati Boringhieri, 1990), che focalizza i percorsi teorici del nostro secolo e giunge a constatare la ripresa di interesse per la storia letteraria che pare doversi registrare pressappoco dagli anni settanta. Il dissidio fra "critica/critici" e "storia/storici" della letteratura (una guerra "curiosa, e un po' comica") nei decenni centrali del secolo sottintendeva una separazione fra le due discipline a tutto vantaggio della prima nella scala dei valori, mentre i più importanti orientamenti critico-letterari contribuivano a mettere da parte la storia letteraria, "degradata a pura compilazione enciclopedica, grigia raccolta di dati e bibliografie, semplice sussidio didattico".
Che in questi ultimi decenni si torni a preoccuparsi di fare storia della letteratura, ha sicuramente diverse motivazioni, tra cui credo importanti il rinnovato interesse per i contenuti e la collocazione storico-culturale degli autori e dei testi e per i generi letterari (portato, mi pare, soprattutto dagli sviluppi dell'approccio semiologico): ma non trascurerei un certo atteggiamento concretamente pragmatico, che privilegia nei fatti la pratica storico-letteraria rispetto alla discussione teorica intorno alla sua legittimità. A costo di apparire banale e forse anche un po' 'old-fashioned', direi che è confortante vedere come, dopo tutto il fecondo dibattere e gli autorevoli approdi a uno scetticismo radicale, nel panorama attuale non siamo per nulla giunti a una situazione di impasse paralizzante, bensì al contrario a una variegata ricchezza. O almeno questa è l'idea che mi pare imporsi dall'osservatorio di chi studia il mondo antico, più precisamente le antiche letterature greca e latina, un campo di ricerca nel quale, se non mi inganno, non si è mai smesso di considerare essenziale, pur a differenti livelli, avere a disposizione un buon manuale di storia della letteratura. Lascio aperta la possibilità di estendere questa valutazione agli studi sulle letterature moderne. È difficile dire quanto l'universo culturale degli studi sul mondo antico sia stato coinvolto nel dibattito novecentesco sulla "legittimità teorica e attuabilità pratica" di una storia letteraria. Sembra tutt'altro che venuta meno, anzi pare crescere la domanda di nuovi aggiornati manuali del tipo tradizionale, vale a dire la storia letteraria enciclopedica, che in ordine cronologico offra anzitutto (ovviamente non soltanto: è troppo ovvio che le idee dell'autore o autori, le scelte, l'impostazione globale sono elementi ben lungi dall'essere neutri) un aggiornato tesoro dei materiali e delle informazioni di base. Ma c'è domanda anche di opere generali di sintesi e di riferimento. nelle quali la materia sia presentata in altro modo, privilegiando per esempio una trattazione per generi e per problemi rispetto allo sforzo di esaustività enciclopedica e di sviluppo cronologico globale. E forse l'esito più fecondo delle discussioni sulla storia letteraria è proprio questa rinnovata diversificazione, in un contesto nel quale comunque rimane ineliminabile il bisogno dell'opera generale alla quale ricorrere come base di riferimento erudito e/o problematico quando si ha rapporto (di studio, di ricerca o anche di semplice curiosità culturale) con una civiltà letteraria antica o moderna.
È da poco uscito presso Mondadori "La letteratura greca della Cambridge University. Volume primo: da Omero alla commedia". Gli addetti ai lavori conoscono la "Cambridge History of Classical Literature", il cui Vol. I "Greek Literature", curato da P. E. Easterling e B. M. W. Knox, vide la luce nel 1985: un ponderoso volume, frutto della collaborazione di un gruppo dei più insigni grecisti angloamericani (oltre ai due coordinatori citati, abbiamo G. S. Kirk, J. P. Barron, C. Segal, D. A. Campbell, A. A. Long, R. P. Winnigton-Ingram, J. Gould, D. F. Sutton, E. W. Handley, H. R. Immerwahr, W. R. Connor, G. A. Kennedy, F. H. Sandbach, A. W. Bulloch, G. W. Bowersock, D. C. Innes, E. L. Bowie, M. Drury), che copre la letteratura greca antica dalle origini al III sec. d.C., escludendo del tutto la letteratura cristiana in greco dei primi secoli. In quel libro, la struttura dei capitoli e la disposizione della materia cercano di conciliare lo sviluppo diacronico con un taglio paradigmatico per generi, per cui l'insieme risulta facilmente divisibile in due parti: la prima comprende i capp. 1-12 e tratta in sostanza dei generi della poesia (con qualche eccezione nel cap. 9 sui primi filosofi greci) dalle origini alla fine dell'età classica; la seconda comprende i capp. 13-21 e tratta i generi della prosa in età classica e tutta la letteratura dell'età ellenistico-romana.
Il volume da poco uscito contiene appunto la traduzione della prima parte: la seconda seguirà, a completamento dell'opera. Il capitolo introduttivo, "Libri e lettori nel mondo greco", offre un rapido sommario delle forme e tappe di conservazione della letteratura greca, dalla più antica produzione dei testi all'età ellenistica e romana e poi fino alla rinascenza del IX sec. bizantino. Seguono capitoli dedicati prima a Omero, Esiodo, il "Ciclo epico", gli "Inni" omerici, poi a tutti i generi della lirica (elegia e giambo, lirica monodica e corale), infine a tutte le manifestazioni del teatro (tragedia, dramma satiresco, commedia), fino alla fine del periodo classico, cioè fino a Menandro, che morì entro il primo decennio del III sec. a.C.; a questo si aggiunge il cap. 9, sulle prime fasi della filosofia greca, nelle quali a filosofi che hanno scritto in versi, come Senofane, Parmenide, Empedocle, se ne affiancano altri che hanno scritto in prosa, come Eraclito, Anassagora, Democrito. In fondo al volume, come nell'originale inglese, ci sono alcune appendici ("Autori, opere e bibliografie"; "Appendice metrica"; "Opere moderne citate nel testo"), che provvedono a fornire una buona risorsa di notizie, soprattutto per le biografie degli autori, le loro opere e le relative bibliografie (l'appendice metrica appare piuttosto misera e d'altra parte poco motivata dal tipo di volume). Questa dislocazione si spiega con la volontà di offrire una trattazione agile e scorrevole (scarsissime sono le note a piè di pagina, per lo più rimandi a fonti antiche), capace di parlare non soltanto agli esperti e al pubblico accademico, ma anche a chi non è antichista di professione. L'edizione italiana è curata con perizia da Ezio Savino: in una "Premessa del curatore dell'edizione italiana" si avverte che le traduzioni dei passi di autori antichi citati nel testo sono tutte originali del curatore; che il rimando alle opere critiche, dove è stato possibile, è stato fatto sull'edizione italiana; che le bibliografie dell'appendice sono state riviste e adattate alle esigenze del lettore italiano (quest'ultimo lavoro si deve a Antonietta Porro).
"In questa "Letteratura greca" la successione cronologica è una guida discreta, non una regola ferrea. Il vero filo d'Arianna è quello degli influssi tematici, dei generi. Cosi il primo volume della riproposta italiana (da Omero alla commedia) percorre con più intensa attenzione le forme della poesia ellenica; mentre il secondo (da Erodoto all'Epilogo, epilogo che gli autori collocano, con accettabile cesura, al terzo secolo d.C.) e una generosa galleria di maestri della prosa". Queste parole del curatore (p. XVI) offrono il destro per riprendere il discorso sulla struttura generale, ed è chiaro che molte considerazioni acquistano validità tenendo presente tutto il complesso di questa storia della letteratura greca.
Abbiamo già detto dell'esclusione della letteratura cristiana. Per quanto riguarda i limiti cronologici, la cesura inferiore al III sec. d.C. è condivisibile: fra le possibili, è probabilmente quella che si difende meglio, considerando che il IV sec., dopo il periodo di Costantino (morto nel 337: l'inaugurazione di Costantinopoli come nuova capitale dell'impero romano avvenne nel 330, e il Cristianesimo metteva ormai solide radici), mostra già la miscela di elementi politico-sociali e culturali propria dell'età bizantina: altri preferiscono vedere l'inizio dell'epoca bizantina nel periodo giustinianeo, grosso modo con il VI sec. d.C., e si potrà discutere all'infinito sul carattere ancora tardo antico o già proto-bizantino della cultura nel periodo fra IV e VI sec. d.C. È tuttavia difficile non pensare che non poco di importante per la tradizione classica fu scritto dopo il III sec.: basta ricordare Libanio e Temistio, l'epigramma del VI sec. e l'ultima poesia esametrica di cui è corifeo Nonno di Panopoli.
I coordinatori originali dichiarano nella "Premessa" (qui pp. XIII sg.) di dedicarsi principalmente alle opere letterarie di maggiore importanza e ai nuovi testi scoperti di recente (ciò spiega ad esempio il fatto che Stesicoro occupa più pagine di Pindaro). Anche questi orientamenti comportano ovviamente una scelta: perseguire la completezza dell'informazione con la maggiore sistematicità possibile oppure privilegiare le grandi figure, le grandi opere, le maggiori correnti, i problemi e le linee fondamentali. La storia letteraria di Cambridge tende chiaramente alla seconda maniera, con in più il privilegio accordato alle recenti scoperte.
Per quanto riguarda l'ordinamento della materia, la struttura dell'opera cerca di conciliare il criterio cronologico (c'è una grande incisione temporale, inevitabile, che separa l'età arcaico-classica dall'età ellenistica, come già detto) con quello per generi, che appare comunque prevalente. Chi legge per ora solo il primo volume deve tenere conto di questo fatto, o rischierà di avere un panorama falsato dalla temporanea mancanza di tutti i generi della prosa dell'età arcaica e classica. La formula lascia inevitabili residui di incoerenza e di squilibrio nella trattazione, ma nel complesso i meriti sembrano superiori ai difetti, che sarebbe ingeneroso rilevare in opere come queste, dove è troppo facile ergersi a giudici, magari dicendo che il capitolo su Omero è un po' deludente mentre quello sulla commedia è assai bello, o simili.
Diciamo subito che del tutto differente è il carattere dell'opera sulla letteratura latina di cui parliamo." Lo spazio letterario di Roma antica" rientra a buon diritto fra quelle definite "grandi opere". Il piano complessivo prevede cinque grossi volumi: vol. I "La produzione del testo"; vol. II. "La circolazione del testo"; vol. III. "La ricezione del testo"; vol. IV. "L'attualizzazione del testo"; vol. V. "Cronologia e bibliografia della letteratura latina". L'impresa è posta sotto la direzione di tre studiosi di grande valore e di provata esperienza: Guglielmo Cavallo (studioso delle scritture e dei libri nell'antichità e storico della cultura antica), Paolo Fedeli (filologo classico e specialista della letteratura latina), Andrea Giardina (storico del mondo antico, specialmente romano), che coordinano in tutto oltre quaranta studiosi della civiltà letteraria di Roma antica nei diversi settori interessati da un insieme di così vasto respiro. Quelli che abbiamo tra le mani fino a questo momento sono il vol. I "La produzione del testo" e il vol. II. "La circolazione del testo", entrambi usciti nel 1989 (in maggio e in dicembre): dunque un ritmo assai rapido, che prevede i prossimi due volumi nel corso del 1990, e quindi l'opera completa in tempi brevi. È subito evidente non solo che non abbiamo a che fare con un manuale tradizionale di storia della letteratura latina, ma anche che quest'opera, nell'impostazione generale e nel carattere dei singoli contributi, si differenzia dalle altre sintesi complessive sulla materia. Per vero dire, un aspetto manualistico-informativo di base è previsto nel vol. V, che comprenderà una cronologia e una bibliografia della letteratura latina: ma sono i primi quattro volumi a costituire il vero corpo dell'opera, che pone al centro dell'interesse il testo, visto nei diversi momenti che ne caratterizzano la lunga e multiforme vita.
Nella "Presentazione" i curatori richiamano dapprima l'attenzione su due punti: sottolineano come nella letteratura latina, accanto al plurivalente e costantemente riconosciuto modello greco, operino tradizioni locali e italiche che configurano anche un modello propriamente romano, più o meno emergente ma comunque vivo nell'insieme culturale; riaffermano con vigore il principio per cui "letteratura non sono solo poeti e prosatori che i canoni scolastici hanno selezionato e imposto; letteratura è tutta la massa di testualità che Roma ha prodotto, dalla più grande alla più modesta, dalla pubblica alla privata" (vol. I, p. 9). Poi delineano il percorso complessivo dell'opera, percorso nel quale i primi due volumi costituiscono in un certo senso un primo sottoinsieme del totale. Abbiamo dunque: il primo momento della vita di un testo, quello della produzione, della sua genesi con i diversi fattori che intervengono a determinare la scrittura definitiva; e il secondo momento, quello della circolazione, una volta che il destinatore l'abbia reso pubblico e affidato al destinatario plurimo previsto o non previsto (occasioni, supporti, pubblico, ambiti geografici diversi). "Questo è lo spazio letterario 'sincronico' di Roma antica, ma esiste anche uno spazio 'diacronico': al quale è preliminare un processo di trasmissione. conservazione, ricezione della letteratura di Roma" (p. 10): agli aspetti dello "spazio diacronico' saranno dedicati i prossimi due volumi.
Proviamo ora ad avvicinarci, per quanto possibile, al contenuto dei vol. I e II, non senza premettere che entrambi sono corredati da un ricco apparato di illustrazioni. Il primo ("La produzione del testo") è diviso in tre parti: "Testo scritto e testo non scritto", "Modelli culturali e caratteri originali", "I saperi strumentali". In una organizzazione sostanzialmente per generi e una trattazione non "enciclopedica" bensì problematica, si va dall'ambito mitico religioso, magico, folclorico, alla letteratura tecnica su tematiche economiche, giuridiche, scientifiche, passando attraverso i più grandi generi della poesia e della prosa latina, con le problematiche fondamentali che si pongono, come i vari aspetti e funzioni dell'intertestualità oppure i generi e i modelli, trattate in capitoli apposita. Il secondo volume ("La circolazione del testo") si apre con una sezione dedicata alle questioni della lingua, il rapporto fra lingue dominanti e linguaggi locali e il problema delle traduzioni. Si passa poi alle due modalità fondamentali di 'pubblicazione' e dunque di circolazione di un testo, "La comunicazione orale" e "La comunicazione scritta", con le diverse occasioni implicate, dal teatro e l'oratoria alle tecniche librarie e alla lettura, fino ai testi usati nella scuola. Infine, vengono trattati separatamente due temi specifici: l'incidenza del fattore geografico nella letteratura e rapporti fra lo spazio letterario e il potere.
Abbiamo già detto che siamo ben lontani da un manuale tradizionale di storia della letteratura latina, e dunque non si deve cercare qui esaustività di informazione erudita né una sistematica trattazione di base a livello introduttivo. Dalle sintetiche indicazioni date sopra dovrebbe essere chiaro che "Lo spazio letterario di Roma antica" prende in considerazione una grande quantità di problemi, che vanno molto al di là di quello che può essere il piano di un manuale anche molto corposo. Di fatto, opere di questo tipo non si propongono di sostituire l'uso di un manuale tradizionale inteso come sistematico 'tesoro' dei dati di base: sono testi di riferimento, per così dire, di secondo grado, in quanto si pongono a un livello superiore e più approfondito di anali si del fatto letterario.
Non è mai facile, ritengo, parlare di storie letterarie o comunque di opere di riferimento generale (quale che sia il loro impianto) su una civiltà letteraria nel suo complesso, e soprattutto formulare un giudizio globale. Una conseguenza, temo inevitabile, dell'enorme sviluppo della ricerca è la difficoltà per un solo studioso di dominare a un livello costante tutto lo sviluppo della letteratura greca o latina. Quindi oggi una qualunque opera di riferimento a livello scientifico (a parte dunque le trattazioni puramente scolastiche), il manuale enciclopedico di storia della letteratura in senso tradizionale oppure una sintesi generale organizzata per generi o per problemi, naviga fra due scogli: eccessivi squilibri di livello nella trattazione e nell'informazione (malgrado l'impegno più tenace) se l'autore è uno solo (diverso è naturalmente il caso di brevi sintesi di tono più saggistico che manualistico), oppure una più costante ricchezza ma inevitabile disomogeneità (malgrado il più assiduo lavoro del curatore) se gli autori sono molti. È dunque sempre una sfida rischiosa, ma i manuali di storia della letteratura e le opere di riferimento generale si continua (e si deve continuare) a farli, a inventare nuove formule o battere antiche strade, perché la loro funzione è ineliminabile e insostituibile. Le due opere di cui abbiamo parlato, diremmo (per correre un rischio) più la seconda della prima, rientrano fra quelle che vale senz'altro la pena averle nella propria biblioteca: con le differenze che abbiamo sottolineato, in modi e con finalità diverse, questi libri si rivolgono soprattutto al pubblico universitario di studenti e ricercatori, ma a un livello differente possono parlare anche al lettore colto non addetto ai lavori.

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