Il jazz è amore, è una musica che viene dal cielo, e l’importante è metterci dentro il cuore, suonare poche note ma con poesia. C’è gente che parla tanto e non ti fa capire niente e c’è gente che con quattro parole ti spiega tutto: ecco, questa è la nostra musica e suonarla è una delle cose più piacevoli che esistano”. Con queste parole Nunzio Rotondo, veterano e autorevolissimo jazzista di fama internazionale, ha accolto il gruppo di Radioscrigno e Twilight Music nel momento in cui l’idea di pubblicare questo disco prendeva forma. Ascoltare, riascoltare, selezionare e assemblare il materiale di questo disco in compagnia di Nunzio Rotondo è stato un puro piacere. Alcuni di noi lo conoscevano dai tempi epici, altri solo attraverso le mitiche trasmissioni radiofoniche – il suo Appuntamento con Nunzio Rotondo che ha svolto per anni un ruolo pedagogico-propedeutico per i neofiti del settore – mentre per i più giovani il suo universo musicale ha costituito una assoluta scoperta. Il materiale è tratto proprio dalle innumerevoli trasmissioni che il trombettista ha realizzato per la Rai, ben assecondato da un assortimento di musicisti davvero fantastico. Il sound di Nunzio Rotondo è il risultato di anni di studio, ore e ore passate in compagnia dello strumento. I brani inseriti nel disco coprono oltre sedici anni di attività, e ancora una volta, si rimane incantati dalla sonorità morbida e bellissima, dal fraseggio duttile, controllato, reso affascinante da quel sottile ritardo sul tempo di base, oltre alla stupenda e proverbiale capacità di invenzione. La sera del 29 marzo 1952 al “Salon du Jazz”, Nunzio Rotondo introdotto dalla voce un poco strascicante di Charles Delaunay, Rotondo saliva su un palco davanti a tremila persone. Il giorno dopo, gli organizzatori chiesero al gruppo di suonare anche nel secondo concerto, con un entusiasta Gillespie che chiese di esser fotografato abbracciato al suo collega italiano, da quelk momento Nunzio Rotondo entra nel firmamento del jazz internazionale. Nel 1953 registra diverse trasmissioni per la radio, incidendo nove nuovi brani con un ampio gruppo comprendente Gino Marinacci, Aurelio Ciarallo, Franco De Masi, Vittorio Paltrinieri, Tonino Ferrelli e Gil Cuppini. Dalla fine degli anni Ottanta e per buona parte. Questo disco possiede un valore documentale enorme. Intanto perché è di fatto il primo disco di Nunzio Rotondo dopo trent’anni, in secondo luogo per le straordinarie tematiche, liriche o prettamente strumentali, in esso contenute, che collocano il trombettista (ma anche il compositore) in un ambito di assoluto prestigio del jazz internazionale. Sfilano i principali collaboratori di Rotondo, a partire dal suo formidabile quartetto degli anni Sessanta, con Franco D’Andrea al piano, Dodo Goya al contrabbasso e Franco Mondini alla batteria. Il pianista di Merano può considerarsi a tutti gli effetti una scoperta di Nunzio, come del resto la maggioranza dei solisti presenti, a cominciare dal prodigioso pianista e flautista belga Joel Vandroogenbroeck, in seguito fondatore del gruppo progressive-jazz Brainticket. Da notare la presenza di un pianista di altissimo pregio come Mal Waldron, storico accompagnatore di Billie Holiday, e Gato Barbieri, in quel periodo non ancora influenzato dai furori free ma molto vicino al mood di John Coltrane. Barbieri si esibiva la sera al “Purgatorio”, un jazz club di Trastevere, ricavato dal noto ristorante turistico “Meo Patacca”, un valido pretesto per divulgare del buon jazz. Ma con Rotondo il futuro compositore della colonna sonora di Ultimo tango a Parigi si esprime al massimo della sua incandescente sonorità, con una “voce” certamente coltraniana ma già in possesso di quel senso di libertà che avrebbe caratterizzato la sua carriera.
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