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L'autore ricostruisce qui la tormentata vicenda del sacerdote Giuseppe Ripamonti, nato nel 1577 e morto nel 1643: storico utilizzato come fonte da Alessandro Manzoni, e da lui molto apprezzato per la puntigliosità descrittiva, e per l'eleganza del suo latino "rigorosamente modellato sui grandi autori classici". Franzosini ripercorre l'esistenza del personaggio a partire dalle origini contadine, dagli studi in seminario e dai primi impieghi come precettore, fino all'ordinazione sacerdotale, mettendone in luce soprattutto il carattere: "Riservato, introverso, suscettibile, con la precisa consapevolezza della propria superiorità intellettuale, arso dal fuoco dell'ambizione...istintivamente insofferente verso alcune regole di disciplina". L'indole geniale e ribelle di Giuseppe Ripamonti venne ben presto a scontrarsi con quella, altrettanto "viva e risentita...calda e collerica" del suo superiore e mentore, Cardinale Federico Borromeo. Dopo aver nominato Ripamonti "istoriografo" nel Collegio dei nove Dottori della Biblioteca Ambrosiana, dopo avergli affidato l'incarico prestigioso di redigere una "Historiarum Ecclesiae Mediolanensis", Borromeo diede inizio a una sistematica persecuzione del suo sottoposto, che sfociò in un arresto, in vari e lunghi processi, in una condanna dell'Inquisizione e infine nella prigionia durata quattro anni. Scandagliando documenti d'archivio, lettere autografe, cronache dell'epoca e posteriori, Franzosini riesce a offrirci un'esauriente ricostruzione dell'ambiente della curia ambrosiana del 1600, dei suoi intrighi, delle faziosità intellettuali, delle falsità ufficiali e delle verità ufficiose, principalmente in fatto di ortodossia ed eresie religiose. Ma soprattutto indaga, con uno stile rigoroso e classico, nei meandri dell'inconscio e del rimosso, che possono portare anche anime fulgide e personalità rinomate, in odore di santità, a manifestazioni di puerile fragilità, di insospettabili e meschine ripicche, di odiose ingiustizie.
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