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Il titolo e la trama riecheggiano Shakespeare, ma è Bergman al 100%, con le sue riflessioni e la sua disincantata capacità di analizzare i rapporti umani e le psicologie A distanza di tempo, questa "commedia romantica" gonfia di amarezza mantiene intatto il suo brio, il suo gioco di specchi e i dialoghi scoppiettanti e ironici. Censurata in Italia, lanciò il regista svedese a Cannes nel 1956.
Le parole "commedia romantica" e "Ingmar Bergman" non vengono facilmente giustapposte, ma fu proprio questo il tipo di film che il grande regista svedese diresse subito prima de Il settimo sigillo. Come in Sogno di una notte di mezza estate, il tema è quello delle coppie male assortite e della "magia" necessaria per creare l'armonia: vi sono un avvocato con una (troppo) giovane seconda moglie e un figlio universitario invaghito della matrigna, un nobile e un'attice (ex amante dell'avvocato) e una serva che sembra voler sedurre chiunque incontri. L'alta società appare frivola e tendente all'adulterio, ma lo sguardo di Bergman non è così critico come quello di Buñuel, né così melodrammatico come quello di Ophüls; ricorda forse Renoir ne La regola del gioco, ma senza il senso tragico creato dalla data di quel film. La pellicola risulta perciò molto divertente, geniale in molte delle sue battute, da accostare forse (per la storia dell'avvocato e dell'attrice) a quelle commedie hollywoodiane degli anni '30 in cui una coppia divorziata scopre di essere ancora innamorata. Dal film è anche tratto il celebre musical A Little Night Music.
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