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Libro candidato al Premio Strega Poesia 2023
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Si fa presto a dire che l’immigrazione è il nostro tardivo aiuto a popoli in un ancor recente passato vessati dalle potenze europee, ma questa moltitudine che fra mille difficoltà e rischi arriva nel nostro paese rappresenta di per sé una bomba orologeria, perché è inevitabile che si vengano a creare le occasioni per uno scontro di civiltà, soprattutto quando una di queste è improntata a una religiosità fanatica e di esclusione delle altre fedi. In un occidente europeo francamente decadente non sta avvenendo una pacifica integrazione di due concetti di società, ma piano piano sta prendendo il sopravvento il lato più oscuro e drammatico di popoli le cui convinzioni religiose, spesso, sono in netto contratto con le nostre leggi fondanti, scritte nelle costituzioni e rispecchianti il comune sentire. Ferdinando Camon che già ha scritto, benissimo, della scomparsa della civiltà contadina si è guardato intorno, ha osservato, ha tratto conclusioni e così è nato Son tornate le volpi con sottotitolo Come muore la nostra civiltà, senza paura di essere qualificato come razzista, perché razzista non è, perché vedere come stanno le cose non è razzismo, non è cercare di difendere i propri valori minacciati ogni giorno, non è desiderare di vivere in tranquillità, senza paura. E lui di paura non ne ha e non ne ha mai avuta, fin dai tempi di Occidente, quando i terroristi neri l’avevano messo nel mirino. La realtà è che piano piano si passa dalla ideale integrazione alla reale fagocitazione, perché se scompare la nostra civiltà non saremo più nulla, né per gli altri, né soprattutto per noi stessi. E di questo non hanno colpa i magrebini, i fondamentalisti, no, la colpa è solo nostra, di avere abdicato un po’ per volta ai nostri valori, di esserci spogliati delle nostre tradizioni. Leggete queste poesie, questo monito di un artista che non ha mai avuto paura: la nostra civiltà, benché ormai sbiadita, non è ancora morta, facciamo sì che possa continuare a vivere.
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