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Alla seconda collaborazione, dopo Drive, tra regista e protagonista, mi aspettavo qualcosa di più. Luce tetra e musica oscura accompagnano i protagonisti nella storia, in una lontana Bangkok. Non c’è molto da dire poiché si sentono soltanto musica e pochi dialoghi, forse voluto così dal regista-sceneggiatore, ma fatico a trovare una spiegazione. Preferirei qualcos’altro, anche se un po’ dispiace.
"Solo Dio perdona" è un'opera perfetta,al pari di "Bronson" e "Drive".Non c'è un solo fotogramma in più,né uno in meno,di quelli che dovrebbero esserci.In una Bangkok sporca e mitica,che in pochi altri lavori si è vista celebrare così bene,agiscono i quattro personaggi di una tragedia antica.Più il quinto,il fantasma di Bobby,motore della vicenda che si consegna presto alla memoria degli spettatori con il viso di Peter Lorre:a sua volta figura archetipica e ora maschera tinta di rosso,che qui rischiara gli ambienti solo dove e quando serve.Al poliziotto giusto e vendicatore è speculare l'antieroe bello,impotente ed edipico;alla madre grottesca e spietata la ragazza-sogno,etica e indifesa.Anche il dosaggio dei registri è calibrato su chiasmi;mai nella filmografia di Refn umorismo surreale e violenza implacabile si erano temperati e scontrati con tanta efficacia.È lo stesso equilibrio manierista che si ritrova in immagini coltivate con rigore formale e ricercatissimo nitore;fra quelle di figurativa orientale,non se ne ammiravano così dagli anni '90 dei film di Kitano.E la trama lirica e fittissima costruita con musiche e suoni da Cliff Martinez è legata indissolubilmente alla drammaturgia.Non ha bisogno di sostenerla,perché aderisce alla stessa sintassi;è quello che si apprezza solamente nel grande cinema.Considerare Refn "il Tarantino europeo" è assolutamente fuorviante e riduttivo.Non solo la sua poetica affonda altrove la gran parte delle proprie radici,ma il suo fraseggio è nobilmente asciutto perché diffida di verbalismi e magniloquenza ammiccante.Qui il ritmo non è quello di "Valhalla Rising",però guarda alla sua impostazione mitologica;la morale non è quella di "Drive",ma la prospettiva è la stessa.Ora l'eroe Ryan Gosling si è tramutato nell'antieroe per allinearsi alle altre anime del film,guadagnando però quella più ontologicamente fragile e complessa,imprigionata nel proprio labirinto di ossessioni e frustrazioni. Il film è dedicato ad Alejandro Jodorowsky.
Io adoro Gosling e mi piace la Scott Thomas ma questo film è bruttissimo: assurda la sceneggiatura, come la storia. E anche le scenografie sono impressionanti ma banali. Se ci fate caso i due attori, probabilmente incolpevoli, sono poi scomparsi dalle scene. Speriamo piuttosto cambi mestiere il regista e lo sceneggiatore.
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