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Ho letto questo libro qualche anno fa , ma mi ha molto colpito la trama e lo stile. Molto ben scritto, trama accattivante. Insomma una piacevole lettura. Si legge in poco tempo se si riesce a lasciarsi andare. Consigliato.
Pinotti ha scritto un romanzo perché non poteva scrivere un'inchiesta. Ha già fatto passare dei guai alla sua casa editrice con Opus Dei, quindi Rizzoli non ha avuto il coraggio di rischiare ulteriormente. Perciò si sono inventati la formula bislacca del "romanzo-inchiesta", benché si tratti chiaramente di un'inchiesta vera e propria su un ben noto istituto universitario italiano. Ma il silenzio è calato lo stesso: il libro è uscito da quattro mesi e non ne ha parlato nessuno. Questo vuol solo dire che ha toccato i tasti giusti e che anche i giornalisti preferiscono far finta di niente: "La società del sapere" parla infatti della "meglio gioventù" europea, che ancora crede alla conoscenza e al sacrificio per lo studio, sacrificata e costretta all'analfabetismo morale dai propri docenti, del rapporto docente-allievo come rapporto sadomasochistico, di un sistema accademico che pianifica come un cda la conoscenza come strumento di potere e controllo della vita, dello studio ridotto a pianificazione di carriera, di un darwinismo sociale in cui sopravvivono solo "i più adatti", cioè chi si lascia manipolare senza opporre altra resistenza che la devianza sessuale. L'orrore, oggi, passa attraverso il business del sapere. Pinotti avrebbe dovuto dedicare questo libro "a quanti giovani / ancora / non abbiano messo / il loro Dio / nella loro carriera"...
La realtà và ben al di là di ciò che "è lecito" raccontare.Straordinario, soprattutto straordinario il coraggio di Pinotti, come sempre , che nasce dalla conoscenza che ci rende liberi. Grazie
Recensioni
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Ci sono storie che esigono di essere raccontate, ci sono ricordi vaghi come flashback che ci inseguono durante la nostra esistenza. Sono quegli attimi in cui la nostra vita poteva assumere un corso diverso, una strada che è rimasta sospesa nel vuoto. è per questo motivo che il professor Fabrizio Corsini, giovane cattedratico del dipartimento di Psichiatria dell'Università di Harvard, decide a un certo punto di ritornare sulle tracce del suo passato di studente, rispondendo alla richiesta di Giulia Mariotti, giovane Pubblico Ministero italiana.
Il caso su cui indaga la Procura della Repubblica riguarda una delle più importanti scuole di alta formazione europee, un prestigioso istituto in cui viene formata la futura classe dirigente. Tra gli austeri corridoi dell'ex monastero, adagiato tra le colline toscane, i giovani dottorandi si preparano ad affrontare le più alte questioni economiche e sociali di competenza della comunità internazionale, seguendo un percorso formativo intenso, personalizzato, fortemente competitivo. Una competizione che spesso viene affrontata sgomitando alla ricerca del mentore più influente e a discapito del collega più debole, fino a provocare una misteriosa serie di suicidi.
Fabrizio Corsini, uno dei maggiori esperti sull'argomento, decide di accettare l'incarico della Procura assumendo una cattedra presso la Scuola di Alti Studi Europei e penetrando all'interno di un mondo accademico chiuso e diffidente. Tra i banchi linnei delle antiche aule, Fabrizio ha modo di conoscere gli studenti che provengono da tutti i Paesi d'Europa, il personale amministrativo e gli altri docenti che, legati da un profondo spirito di casta, tentano in ogni modo di sminuire la gravità della situazione. Ma gli studi compiuti dal giovane professore, incentrati sul potere e la manipolazione attraverso cui si esprime, lo conducono lentamente a rivelare le logiche tipiche delle scuole di élite. Tutte, compresa la stessa Harvard, chiedono ai propri studenti un prezzo molto alto da pagare: le classi dirigenti non devono essere solo più brillanti intellettualmente ma anche più forti psicologicamente. Nelle aule della scuola si compie una sorta di selezione darwiniana, che tende ad eliminare coloro che non vogliono rinunciare al proprio ruolo di critica della società. In questa prospettiva, il suicidio diventa, nella migliore delle ipotesi, l'estrema forma di protesta, la denuncia di un malessere che avvolge se stessi ma anche una parte consistente, ed influente, della società futura. Nella peggiore delle ipotesi, invece, l'estremo atto di libertà non è altro che la conseguenza di un lento e crudele processo di selezione, destinato ad annullare quelle persone che non si conformano al cammino disegnato per loro dal piano di studi individuale.
Con coraggio e ambizione Ferruccio Pinotti affronta un nodo cruciale nella costruzione della società italiana. Lo fa utilizzando una storia vera, quella dei suicidi a grappolo nelle scuole di élite, ma fornendo un'interpretazione romanzata del fenomeno. La trama è avvincente, la scrittura scorre fluida attraverso le pagine, non mancano scorci poetici nelle descrizioni degli ambienti così come insistono spesso scene dal sapore quasi gotico. Una lettura necessaria, per comprendere il ruolo che ci è stato assegnato all'interno della Società del sapere, senza che mai ce ne rendessimo conto.
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