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Silvio Trentin (1885-1944) fu un giurista che attraversò un primo periodo radical-repubblicano (dal 1919 al 1931) e un secondo periodo socialista, federalista e rivoluzionario (dal 1932 al 1944). Il suo saggio inedito del 1994, presentato nel volume, Le determinanti dialettiche e gli sbocchi ideologici ed istituzionali della rivoluzione antifascista [europea], il cui manoscritto è conservato nel Centro Gobetti, rappresenta un momento finale della sua riflessione. Ricompaiono in esso i motivi di fondo dell'opera Libérer et fédérer (1942), in riferimento a una concezione rivoluzionaria lontana dal riformismo social-democratico e dal marxismo-leninismo totalitario. La parte conclusiva coglie nella Resistenza una rivoluzione che presuppone una drastica epurazione antifascista. Trentin individua nel capitalismo "l'essenza economica autoritaria del regime mussoliniano" e nel fascismo una variante del fenomeno capitalista. Il principio dell'autonomia è il concetto chiave di una teoria federativa della società derivato dal primato di Gioberti. Altro perno della teoria trentiniana è lo stato che diviene il fine della persona. Il socialismo libertario di Proudhon accompagna Trentin nell'ultima fase del suo pensiero, in cui la prospettiva federalista matura in modo sempre più deciso. Condivide il credo filosofico di Amendola, ma il suo amico fraterno è Mario Marinoni, professore di diritto, portatore delle tesi radical-socialiste di Fovel. Trentin è un pensatore stimolante nella prospettiva attuale di una ripresa del pensiero federalista europeo. Ma si chiede Malandrino: "Come potrebbe un uomo politico che fu imbarazzante per gruppi e personalità di altissimo rigore che avevano vissuto l'esilio e fatto l'opposizione armata al regime fascista rivestire ruoli d'attualità per la classe politica attuale?". Tiziana C. Carena
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