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Anche se il mio elogio può essere prematuro (in attesa di altre prove altrettanto convincenti), credo che in Max Gross sussistano, ben amalgamate, tre qualità importanti che ne fanno uno scrittore di talento: saper costruire e narrare una storia, delineare in modo impeccabile i personaggi, trasferire il lettore in un universo irreale descrivendolo invece come se fosse autentico. La storia dello shtetl sopravvissuto all'Olocausto, piccolo mondo ai margini della storia, prende e trascina lungo tutto il percorso narrativo di oltre 400 pagine. Unica pecca: Gross si è forse lasciato prendere la mano dal piacere di raccontare (alcune parti sono superflue e un po' noiose), con una cinquantina di pagine in meno il suo sarebbe stato un romanzo perfetto. Consigliato.