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recensioni di Ricca, F. L'Indice del 2000, n. 05
(recensione pubblicata per l'edizione dell'anno 1999)
Mentre i libri occidentali sull'arte cinese sono generalmente dedicati a illustrarne periodi e generi che abbracciano un gran numero di scuole e di artisti, questo volume presenta l'opera di un singolo pittore, Shitao ("Onda di Pietra"), grande per la singolarità del suo genio d'artista e per l'alta concezione che egli aveva del gesto di dipingere. Ne è autore François Cheng, nato in Cina nel 1929 e dal 1949 stabilitosi in Francia, dove occupa una cattedra all'Istituto nazionale di Lingue e civiltà orientali. La scelta di quasi un centinaio di immagini in una produzione molto vasta (circa seicento dipinti, di cui non esiste a tutt'og-
gi un catalogo completo) ha privilegiato dipinti provenienti dai musei cinesi, non noti al pubblico occidentale, senza però scartare alcun aspetto significativo dell'opera di Shitao. Di molte opere, di cui l'autore del volume non ha evidentemente potuto prendere direttamente visione, gli è stato impossibile fornire le dimensioni. Le didascalie apposte alle tavole associano all'analisi stilistica e all'interpretazione simbolica versi che spesso meglio della nota stessa evocano il clima e il sentimento ispiratore del dipinto.
Solo recentemente è stato possibile stabilire, in base a documenti ritrovati nella Biblioteca di Pechino, le date (1642-1707) entro le quali si colloca la vita di Shitao: la sua nascita coincide con il crollo dei Ming, crollo dal quale venne travolta anche la famiglia del pittore. Salvatosi per miracolo, ma rimasto orfano e solo, egli si fece monaco buddhista di tendenza Chan e per quattordici anni soggiornò nella regione montuosa di Xuangcheng, a nord dello Yangze, dove fioriva una scuola di eremiti poeti-pittori, ribelli all'accademismo imperante alla corte dei Qing. La contemplazione delle montagne, suddivise dall'erosione in mille picchi che emergono dalle nebbie come apparizioni improvvise, contribuì certamente alla maturazione di una sensibilità che lo inclinava a riconoscere nelle loro forme fantastiche le apparenze sensibili del Vuoto essenziale della filosofia buddhista.
L'artista penetrato dalla concezione unitaria e organicistica del Buddhismo Chan e del Taoismo avverte tutte le entità come segretamente vive e mira a identificarsi con il paesaggio, con le rocce e con l'acqua, con i fiori e con le piante. Secondo il Chan il pittore deve sentirsi una cosa sola con lo spirito universale: solo così si realizzano nella sua mente le visioni che egli intende rappresentare. Il dipinto, a lungo pensato, viene allora eseguito in pochi secondi, senza possibilità di pentimenti, modifiche o correzioni. Nulla asseconda la necessaria spontaneità di questa pittura quanto l'inchiostro, mezzo di espressione quasi esclusivo della pittura Chan. Shitao deve "parlare per i monti e i fiumi" avendo come strumenti l'inchiostro e il pennello, e deve nello stesso tempo inventare continuamente forme nuove, scoprendo ed esaltando il "sapore nascosto delle cose", nell'inesausta personale ricerca di rappresentare l'inattingibile realtà del tutto.
Nel 1679 Shitao si trasferisce tuttavia a Nanchino, forse manifestando una certa debolezza d'animo, forse sentendo la necessità di misurarsi col mondo e con la capitale dei suoi antenati e cedendo in parte alle sottili seduzioni dell'ambiente. Viene riconosciuto come un pittore geniale e, nella nuova atmosfera che lo circonda, la sua pittura tutta di getto giunge a una sorta di furore ispirato e di prodigioso virtuosismo (si veda ad esempio il celebre rotolo Diecimila punti cattivi, parzialmente riprodotto a pagina 17). Trascorre poi gli anni dal 1689 al 1691 a Pechino, dove può studiare i capolavori della tradizione pittorica cinese conservati nelle collezioni imperiali, e dove collabora con i maggiori pittori accademici, senza che la singolarità delle sue personali concezioni estetiche e il vigore del suo tratto ne vengano sommersi. Ma dopo questi anni ritorna al sud, verso il grande fiume, là dove questo si appresta a fondersi nel mare, e nel nuovo ritiro dipinge intensamente per tutta la quindicina d'anni che gli restano. Si placa il demone dell'instabilità e del cambiamento che lo aveva assillato, e che è testimoniato dalla trentina di pseudonimi da lui adottati: firma ora i suoi nuovi dipinti come "il discepolo della Grande Purezza" e procede nello spazio del sogno, dove il Vuoto riassume e comprende tutte le apparenze. Giustamente Cheng ha raccolto nelle prime tavole del libro un gruppo di opere di questo periodo che possono aiutare il lettore a comprendere l'intera arte di Shitao.
Negli ultimi anni della sua vita l'artista scrive un trattato inteso a rivelare i princìpi spirituali della sua arte e la sapienza tecnica delle soluzioni adottate. Se la mente si forma di ogni cosa una visione chiara, il pennello potrà giungere con un solo tratto alla sua essenza: fulcro di questa concezione è "l'unico tratto del pennello", forma e movimento, traduzione visiva del soffio che anima l'intero universo.
(F.R.)
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