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Dettagli

2022
8 febbraio 2022
104 p., Brossura
9788806252083

Descrizione

«Di cosa abbiamo bisogno per vivere una vita felice? Duemila anni fa il filosofo greco Epicuro aveva offerto una risposta apparentemente semplice: il piacere. Ma solo apparentemente.»

Con incredibile chiarezza John Sellars ci spiega i fondamenti dell'epicureismo, arrivando all'essenza di un pensiero filosofico che ha molto da insegnare al nostro presente. Di cosa abbiamo bisogno per vivere una vita felice? Duemila anni fa, a questa domanda il filosofo greco Epicuro aveva risposto: abbiamo bisogno del piacere. Detta cosí sembra una conclusione semplice. Forse perché oggi l'aggettivo «epicureo» viene associato al buon cibo, al buon vino e alla bella vita; ma in verità gli insegnamenti di Epicuro andavano un po' piú in profondità. L'obiettivo era piuttosto il benessere mentale e l'assenza del dolore. Per essere epicurei è necessario imparare ad avere a che fare con la morte e al centro di una vita epicurea c'è l'amicizia e la cura delle relazioni con le persone intorno a noi. In poche parole una vita tranquilla. Difficile ma non impossibile.

Valutazioni e recensioni

4,2/5
Recensioni: 4/5
(4)

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Recensioni: 5/5

Piccolo libro di agile, facile e piacevole lettura che tratta dei fondamenti della filosofia epicurea (tranquillità, felicità, morte, atomismo...) con riferimento all' "Epistola a Maneceo" di Epicuro, al poema "De rerum natura" di Lucrezio e alle "Satire" di Orazio, il quale scrive: "Il sommo piacere non risiede nel profumo di costose vivande, ma in te stesso".

Recensioni: 5/5

Sellars espone con chiarezza e profondità il cuore dell'Epicureismo: avvicinarsi a un pensiero antico non è cosa facile. Sellars vi riesce: il libro costituisce una guida seria all'Epicureismo, con un po' di "piglio laboratoriale" (come si dice oggi) laddove lo spinge ai giorni nostri e tenta di attualizzarlo, di (ri)farlo nostro.

Recensioni: 5/5

Sellars illustra con intento divulgativo (semplificando molto i concetti base) il pensiero epicureo, oggetto di interpretazioni superficiali nel corso di duemila anni di storia. Con il termine epicureo, infatti, la vulgata popolare intende l’individuo che ama godersi la vita negli aspetti più materiali e grossolani, dalla soddisfazione smodata di appetiti fisici a un’eccessiva autoindulgenza. Anche filosoficamente l’epicureismo è stato frequentemente demonizzato come dottrina pericolosa, corruttrice, da associare all’ateismo, all’immoralità, all’insaziabilità dei sensi. Nella “Lettera a Meneceo” Epicuro tratta di argomenti etici e, più in generale, di come vivere una vita buona e felice. In essa, la filosofia viene indicata come rimedio terapeutico per ottenere la tranquillità, superando il duplice rischio dei desideri frustrati e dell’ansia per il futuro, rischio determinato dall’incapacità di osservare il reale funzionamento di ciò che ci circonda, e dal timore infondato di minacce inesistenti. Il benessere mentale si ottiene evitando di essere preoccupati o spaventati da false paure e superstizioni, in particolare sugli dèi e sulla morte, che sono la sorgente principale del turbamento. Per arrivare all’ “ataraxia”, cioè alla tranquillità interiore, è necessario ridurre i bisogni all’essenziale, senza vivere assediati dall’avidità e dall’invidia verso il prossimo. I veri amici sono più necessari dei beni materiali, poiché non solo ci donano la gioia di una confortante compagnia, ma possono offrirci sostegno e consolazione nel momento del bisogno. È opportuno inoltre vivere in disparte, senza cedere alle lusinghe del successo e del prestigio politico e sociale. Se ci convinciamo del fatto che tutto l’esistente è composto da atomi, che si fondono insieme e poi si distaccano in movimenti casuali, saremo disposti ad accettare la nostra inevitabile morte come un lungo sonno privo di sensazioni dolorose, e a superare il terrore della fine.

Recensioni: 5/5

Il punto di partenza della filosofia epicurea è il concetto di tetrafarmaco, ossia di quelle "quattro medicine" di cui l'uomo deve fare uso per potersi mostrare virtuoso e felice: 1) non bisogna aver paura della morte; 2) non bisogna aver paura degli dèi; 3) bisogna convincersi che è facile ottenere la felicità, il piacere; 4) bisogna capire che è facile sopportare il colore. Epicuro argomentava in questi termini: Non bisogna aver paura della morte perché quando noi ci siamo, essa non c'è e quando essa verrà non ci saremo più noi. (Epicuro, però, dimentica che ciò che incute timore all'uomo non è la morte in sé, ma il punto di passaggio che traghetta dalla vita alla morte). Non bisogna aver paura degli dèi perché essi sono atomi come noi e inoltre vivono negli interspazi fra mondi e mondi, del tutto sordi e indifferenti alle vicende terrene. Segue, poi, la tripartizione legata ai piaceri: a) piaceri naturali e necessari; b) piaceri naturali ma non necessari; c) piaceri né naturali né necessari. Alla fin fine suggerisce: se l'uomo riuscisse a contenersi, a non essere bramoso, avido e perverso potrebbe giungere all'atarassia, ovvero a uno stato di serenità dell'animo, di pura calma interiore. Suona strano, comunque, un concetto del genere proprio perché enunciato da un materialista navigato. Sicuramente, il pensatore considerava il piacere in senso statico e non dinamico. Non si perviene a conclusioni di diversa matrice.