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La sesta beatitudine - Radclyffe Hall - copertina
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Descrizione



Un classico contemporaneo che testimonia come Radclyffe Hall, scrittrice fuori dal coro, sia ancora attuale e di come la forza di una donna possa cambiare le cose anche attraverso l’amore non conforme, spina nel fianco dei benpensanti.

Ho messo la mia penna al servizio di alcune delle persone più perseguitate e incomprese del mondo.

Apparso per la prima volta nel 1936, "La sesta beatitudine" è l'ultimo romanzo pubblicato da Radclyffe Hall prima della sua morte. Fandango Libri ripropone una delle autrici più anticonformiste, ribelli e originali di inizio secolo, una donna che con la sua vita e le opere ha dimostrato quanto la libertà e l'autonomia non abbiano né sesso né età, e in che modo la letteratura riesca ad anticipare la società di molti decenni. Ambientato in un piccolo villaggio rurale ai confini della regione paludosa di Romney, dove un vento gelato sferza le vite sudice dei poveri abitanti, "La sesta beatitudine" è un'epopea del quotidiano che ci parla, sublimandoli, dei grandi sentimenti di sempre: amore, odio, gelosia e amicizia. Hanna Bullen, trent'anni, il viso già segnato dal tempo, è una ragazza madre con tre figli avuti da tre uomini diversi, tutti scelti e amati. Il suo corpo, che desidera, è la sola sfida che si è concessa alla povertà e alle convenzioni. Per il resto della vita lavora incessantemente e si occupa della famiglia che mangia e si cura grazie al suo sostegno. Nessuno la aiuta, non suo padre troppo anziano, né i fratelli, egoisti e arroganti nel rivendicare i loro privilegi. Ma Hanna è sempre pronta ad aiutare chiunque sia in difficoltà, senza recriminare, come fosse, il suo, un dono e non un destino ineluttabile. Un classico contemporaneo che testimonia come Radclyffe Hall, scrittrice fuori dal coro, sia ancora attuale e come la forza di una donna possa cambiare le cose...
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Dettagli

2016
3 marzo 2016
205 p., Brossura
9788860444837

Voce della critica

Leggere l’ultimo romanzo pubblicato da Radclyffe Hall (1880-1943), è come sfogliare un album fotografico di una persona lontana e ancora sconosciuta: istantanea dopo istantanea, scorre davanti ai nostri occhi un anno di vita di Hannah Bullen, la protagonista, e ogni immagine svela una storia, e? ogni storia mette in luce ?uno scorcio diverso, fino ?a comporre un patchwork ?che entra a far parte della nostra vita e dei nostri ?ricordi. (…). Perché il personaggio centrale del romanzo, pubblicato nel 1936, è una donna tradizionale e moderna insieme, inserita in un microcosmo distante, la cui eco risuona fino ai giorni nostri. Incontriamo Hannah per la prima volta mentre, immobile, inerte e sola, volge lo sguardo oltre la palude di fronte a lei, fino al mare. Il terreno paludoso e immoto, si riflette su Hannah, che in questa prima istantanea è intenta a contemplare il mondo che si muove intorno a lei, ma sembra refrattaria al cambiamento. Un cambiamento che pure si percepisce come imminente e ineluttabile. (…). Il volto mostra i segni del tempo; il corpo è stanco per il duro lavoro e le gravidanze, ma ancora forte e bello; le giornate si dividono fra il lavoro come cameriera, le faccende domestiche e la cura delle due figlie e di tutta la famiglia. La pazienza e lo spirito di sopportazione con cui affronta la durezza della vita familiare, le asperità della natura e la difficoltà del lavoro: tutto contribuisce a tracciare i contorni di una donna, che si conforma al tradizionale ruolo femminile. Le istantanee successive svelano una donna che, al contrario, contraddice gli stereotipi di mater dolens, figlia compassionevole e compagna fedele. Hannah concepisce tre figli da tre uomini diversi. I primi due uomini spariscono ben presto dall’orizzonte, prima dell’inizio della storia, il terzo viene allontanato dalla donna stessa, che non vuole appartenere a nessun uomo. In tutti e tre i casi, i figli sono frutto di una passione vissuta “ciecamente e avidamente”, rispondendo al desiderio impetuoso del proprio corpo. La solitudine di Hannah si rivela contraddittoria tanto quanto la sua inerzia: Hannah cerca la solitudine, nella consapevolezza che “per soddisfare la sua mente doveva starsene da sola”. Quando poi, sola, contempla la natura: riesce a penetrare la realtà che la circonda, ad entrare in sintonia totale con essa e a trasfigurarla. (…). E’ in questi momenti che si scorge il senso di beatitudine cui fa riferimento il titolo. Proprio richiamando la sesta beatitudine del Vangelo secondo Matteo: “Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio”, osserviamo che, per Hall, la limpidezza d’animo e la compassione permettono di raggiungere momenti di visione profonda e, in ultima analisi, di felicità. Proprio in un momento come questo, nell’ultima istantanea del romanzo, Hannah compie un gesto di sacrificio tragico e straordinario insieme. L’immagine finale è la più potente del romanzo, ma anche quella che più ci mostra come La sesta beatitudine sia un testo ancora attuale e, al tempo stesso, un prodotto della sua epoca e di un’artista anticonformista e conservatrice insieme. La visione cattolica della sofferenza, della compassione e della beatitudine è rintracciabile in tutte le opere di Hall, fino alle pagine conclusive di La sesta beatitudine. Qui le istantanee scattate si uniscono e ci mostrano “un unico splendido bagliore”.

Recensione di Maria Micaela Coppola

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Conosci l'autore

Radclyffe Hall

1880, Bournemouth, Dorset

Marguerite Radclyffe Hall (Bournemouth, Dorset 1880 – Londra 1943) rinunciò fin da ragazza al suo nome di battesimo per farsi chiamare John. Di famiglia benestante, conobbe ad Amburgo nel 1907 una delle protagoniste dell’alta società, Mabel Veronica Batten, della quale si innamorò perdutamente e con la quale visse e viaggiò per anni. Dopo la scomparsa di questa, si legò a una giovane nobildonna, Una Troubridge, che fu la sua compagna fino alla morte. Tra i romanzi di Radclyffe Hall ricordiamo, oltre al Pozzo della solitudine, La lampada spenta, La stirpe di Adamo e Una vita del sabato.

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