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Anno edizione: 2016
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Il conflitto aperto tra generazioni da un gruppo di giovani velleitari, decisi a depotenziare la nostra democrazia costituzionale ha indotto G. Zagrebelsky a ragionare nel saggio sulle età della vita e sulla scomparsa dell'età matura. Il giurista argomenta sull'inutilità di contrapporre giovinezza e vecchiaia, mostrando come la vita sia qualcosa di dinamico, un continuo divenire che mal tollera la costrizione in forme rigide. Questo dinamismo vitale impone all'umanità un processo di continui affrancamenti al fine d'individuare il progetto di vita di ciascuno. Non esiste un diritto che legittimi la successione automatica al potere della generazione dei giovani perché accanto alla baldanza fisica sono richieste doti spirituali ed acquisizioni culturali che si raggiungono con pazienza ed impegno nel tempo. Il processo naturale d'alternanza è stato distorto dalla scomparsa dell'età di mezzo. G. Zagrebelsky ci ricorda il gran valore dell'età adulta perché incorpora il meglio delle due fasi estreme, collegandole tra loro. La maturità è mediazione insostituibile tra le generazioni, è il tempo in cui si stabilizza la propria vita, portando a compimento le speranze ed i progetti della giovinezza e ci si avvia alla saggezza della terza età. Ora, però, l'equilibrio tra gli opposti sembra difficile da ricercare sia per l'irruzione violenta delle leggi del mercato neoliberista che radicalizza le differenze sia per l'iperattivismo folle imposto e subito dai cittadini per paura di essere scalzati dal sistema. Chi non riesce a tenere questo ritmo forsennato è marginalizzato o addirittura espulso dal ciclo produttivo. Così un giovanilismo perseguito per disperazione attutisce la paura di precipitare nella vecchiaia ora sinonimo di fallimento. Detta le regole un'economia che con la pretesa di efficientismo favorisce il pensare a breve scadenza e, come ha più volte ricordato Zagrebelsky, trasforma i mezzi in fini e li consegna ad un fare indipendente da un progetto o da un contenuto
Ingredienti: un confronto tra due generazioni (vecchi e giovani) in perenne conflitto, un viaggio filosofico attraverso le varie età della vita, una generazione di mezzo (gli adulti) quasi sparita dai radar di società, politica ed economia, un passaggio auspicabile dai diritti dei posteri ai doveri dei viventi. Consigliato: a chi lotta contro i più banali luoghi comuni (vecchi = saggi e impotenti, giovani = inesperti ed energici), a chi cerca di capire chi siamo e dove andiamo.
Recensioni
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La generazione non sta da sola. Le sono compagne la de-generazione e la ri-generazione.
"Il tempo presente ha rivoluzionato i rapporti tra le età della vita. Dei giovani è il presente e il futuro. Chi viene dal passato è un intruso. Bisogna prolungare la giovinezza fin che si può e con ogni mezzo. Questa contrazione annulla l'età matura, l'età della pienezza. Con quali conseguenze?"
Negli ultimi due decenni abbiamo assistito a una dilatazione del tempo necessario ai giovani per raggiungere l’emancipazione: statisticamente sono sempre di più gli individui che si staccano dal nucleo famigliare dopo i 25 anni e, in alcuni casi, anche molto dopo i 30, specialmente in Italia. La nostra Repubblica è «democratica» e «fondata sul lavoro»: la mancanza di quest’ultimo ha dato maggior vigore a un fenomeno di allungamento della gioventù, a discapito dell’età adulta. Di conseguenza si rischia di diventare vecchi troppo repentinamente e senza accorgersene, dimenticando il valore che assume il meritato riposo dopo una vita di lavoro e sacrifici. Se questo fenomeno, da un lato, può essere causato dalle difficoltà di inserimento in un mercato del lavoro sempre più competitivo, sempre più in crisi e che genera sempre meno stabilità, dall’altro presta il fianco a conseguenze difficilmente preventivabili.
Gustavo Zagrebelsky, insigne costituzionalista, già autore di numerosi scritti sulla situazione socio-politica italiana, evidenzia questo cambiamento, che si insinua lentamente e sottotraccia, e ne enuclea gli aspetti fondamentali nel suo ultimo saggio, Senza adulti. Se la vita è divisa atavicamente in età anagrafiche, siamo così sicuri che i diversi cicli di crescita, de-generazione e ri-generazione degli individui, coincidano ancora con le vecchie convinzioni e i vecchi luoghi comuni, sul tema delle età della vita, propri della nostra cultura? Questi ultimi, infatti, sono tali solo se semplificano, e per farlo devono evidenziare solo un aspetto di una questione, tralasciandone necessariamente altri.
La semplificazione esclude due grandi interrogativi, ovvero se i concetti di gioventù e vecchiaia siano una mera questione anagrafica, legati alla dimensione del tempo, e se giovinezza e senilità siano realmente una dicotomia in tutto e per tutto. Zagrebelsky, a questo punto, giustifica l’importanza fondamentale dell’età matura, il terzo componente di questa tripartizione delle età della vita, anello di congiunzione tra due elementi altrimenti opposti, come il grigio sta tra il bianco e il nero. La differenza con il paragone cromatico appena citato è la spinta propulsiva, innata in ogni individuo, da una fase verso la successiva.
Il problema, quindi, è la contrazione temporale di questa fase di passaggio, così fondamentale nell’economia della vita di ogni essere umano: gonfiando il tempo della giovinezza all’inverosimile, al limite del ridicolo, procrastinando sempre di più la maturazione e l’emancipazione di un individuo, si giunge inevitabilmente a un punto di rottura, ovvero al brusco passaggio dalla giovinezza all’età adulta (nel peggiore dei casi, addirittura, dalla giovinezza alla vecchiaia).
Se la società ci porta a pensare che l’importante sia solo l’hic et nunc, non riconosceremo nessun diritto alle generazioni che verranno, trattando anche l’ambiente in cui viviamo come eterni giovani, come se tutto ci fosse dovuto, senza pensare alle conseguenze delle nostre azioni. Per la prima volta, citando un intervento del sociologo Zygmunt Bauman, questa generazione non guarda avanti, criticando e ponendo rimedio agli errori di quella precedente, per assicurare un futuro migliore, ma cerca di non distruggere ciò che è stato costruito in passato.
Zagrebelsky ci mette in guardia: non dobbiamo cadere nel tranello subdolo che la società ci ha preparato da tempo e dobbiamo imparare a rispettare tutti i tempi dell’esistenza, dando il giusto peso al passato, al presente e al futuro.
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