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Il seme del terrore prende le mosse dall'attentato dell'undici settembre per esplorare la galassia islamista alla ricerca del significato di quell'evento e più in generale degli attentati suicidi compiuti in nome del dio dei musulmani. Con un approccio eclettico, Ruthven tratta con grande abilità temi complessi di storia del vicino e medio Oriente, di pensiero politico islamico, di relazioni internazionali, di storia dell'islamismo e del terrorismo in generale, ricorrendo anche all'analisi psicologica. Libero da condizionamenti moralistici o accademici, l'autore, per esempio, considera da un punto di vista puramente estetico lo schianto dei due Boeing 767 contro le Torri gemelle del World Trade Center, riportando quanto dichiarato dal compositore Karlheinz Stockhausen, il quale lo aveva inizialmente definito "un'opera d'arte". Per Ruthven il pubblico sdegno suscitato dall'affermazione di Stockhausen "non diminuisce la forza del suo commento"; il crollo delle torri viene interpretato come un "clamoroso evento mediatico, una perfetta icona della distruzione, della hybris punita e dell'arroganza ridimensionata". La potenza simbolica del fatto richiama infatti sia il racconto biblico delle genti che, avendo costruito la torre di Babele vengono punite da Dio per la loro presunzione, sia quelli coranici dei castighi inferti ai popoli che non hanno prestato ascolto al messaggio di Dio. Il libro ci ricorda che le prime reazioni di esultanza per il tragico evento non si sono verificate soltanto in Medioriente, ma anche negli stessi Stati Uniti da parte di noti fondamentalisti protestanti, tra cui sono citati Jerry Falwell, Pat Robertson e David Wilkerson: "In America, il paese industrializzato più religioso del mondo, le dimensioni apocalittiche dell'attentato sono state immediatamente interpretate richiamando motivazioni e categorie non dissimili da quelle che avevano ispirato i terroristi".
Quel che preme all'autore è distinguere chiaramente il fondamentalismo islamico dalla religione islamica. Non che l'"islamismo" (è questo il termine prevalentemente impiegato nella letteratura francofona e Ruthven lo preferisce a "fondamentalismo", prevalente invece in quella anglofona) non abbia nulla a che vedere con l'islam; tuttavia, per la sua comprensione si rivela utile compararlo con le differenti espressioni di fondamentalismo religioso, sia esso protestante - soprattutto nei suoi aspetti pre-millenaristi - oppure hindu, sikh o tamil. L'analisi del fondamentalismo islamico non si limita tuttavia alla comparazione con i suoi omologhi delle altre religioni. Anzi, proprio perché non è ritenuto un prodotto esclusivo della religione o, in senso più lato, della cultura - non a caso il capitolo conclusivo del libro è una critica alla tesi dello scontro di civiltà - viene anche accostato ad alcune espressioni del terrorismo di matrice laica, a dimostrazione di quanto sia un prodotto complesso della modernità. Muhammad Atta, il comandante dell'operazione dell'undici settembre, viene accostato non solo a Sayyd Qutb, lo scrittore egiziano ritenuto uno dei principali ideologi del fondamentalismo islamico condannato a morte e impiccato nel 1966, ma anche a Ulriche Meinhof, fondatrice insieme al suo compagno Andreas Baader della Rote Armee Faktion.
Secondo Ruthven, il retroterra ideologico dell'attentato alle Torri gemelle risulta composto essenzialmente di due elementi: da un lato l'interpretazione letterale del Corano, che può portare all'esaltazione di alcuni versetti, negando la totalità della tradizione esegetica e del contesto storico in cui sono stati formulati (sull'opposta interpretazione del Corano come testo storico cfr. "L'Indice", 2003, n. 7/8); dall'altro all'idea di avanguardia propria dei movimenti laici rivoluzionari occidentali. Per Ruthven l'attentato dell'undici settembre è stato un atto di "furore per Dio" (che è tra l'altro il suggestivo titolo dell'edizione originale del libro), uno slogan impiegato da un gruppo attentatore islamista negli anni settanta del secolo scorso, acutamente tradotto ricorrendo al lessico dell'anarchismo europeo come "propaganda del fatto", formula che esprime appunto l'idea stessa di avanguardia.
L'edizione italiana ha il pregio di valorizzare ulteriormente quella originale inglese per l'attenzione dedicata ai contenuti islamistici, oltre che al lessico, trascritto in maniera semplificata ma - evento non così consueto come potrebbe sembrare - corretta. Nel glossario, che la curatrice italiana ha rivisto e aggiornato, vengono ripresi tutti i termini arabi presenti nell'opera, con il risultato di farne uno strumento di grande utilità in sé e per sé.
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