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Anno edizione: 2017
Anno edizione: 2017
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I tentativi di rappresentare teoricamente il cambiamento della città hanno segnato il Novecento (...). Ogni volta è sembrato di poter rappresentare per intero le relazioni tra organizzazione spaziale e organizzazione sociale. E ogni volta si è dovuto ricominciare da capo. Come è necessario fare ancora oggi per capire qualcosa dei mutamenti incessanti dei confini tra ciò che urbano e ciò che non lo è (...).
I tentativi di rappresentare teoricamente il cambiamento della città hanno inseguito incessantemente l’equilibrio instabile tra lo spazio e la società. Così fa anche questo libro che è insieme un richiamo a tenere aperto il discorso e a continuare a riflettere sui migliori concetti esplicativi dell’urbano che si sono dati nella tradizione della sociologia urbana. La mossa che il suo autore fa è al contempo semplice e radicale. Lasciare il vecchio percorso di analisi ecologica sociale e introdurre il concetto molto più semplice di popolazione per designare insiemi diversi: le grandi popolazioni in movimento(...) e, naturalmente, i residenti. Popolazioni in competizione nello spazio. Insiemi di individui definiti da caratteristiche comuni. (...)
Sei lezioni sulla città è un libro postumo che pone in un linguaggio piano e in una postura british (ironica, ma anche attenta al giudizio tra pari), problemi che semplici non sono. Le sei lezioni sono divise in tre insiemi: sulla definizione della città e sulla sua genesi come formazione sociale (i primi due); sulla città contemporanea (i due successivi); su aspetti cruciali della condizione urbana (gli ultimi due) (...).
Martinotti era uno studioso rigoroso. Indagini schiette, polemiche dure. Delle quali vi sono limpidi esempi in quest’ultimo libro. Detestava le “trappole dell’estetismo verbale”. Il demone dell’analogia. Ma anche quello dell’astrattezza (...). La critica è dura e articolata: pagine che, inaspettate, piombano addosso ai suoi bersagli polemici. Ma anche addosso ad alcuni untouchables: quel Foucault che negli ultimi decenni del secolo forniva a molti un possibile sostituto al marxismo (...). E Augé, scaltro comunicatore che fa propria la locuzione “non luoghi” di Melvin Webber, senza mai richiamarlo. I commenti di alcuni passaggi del filosofo francese sull’eterotopia o dell’etnografo al lavoro “sul metrò” sono venati di un’ironia che non attenua il duro giudizio per quello che Martinotti chiama “il mercato delle parole”. La battaglia per un linguaggio appropriato è una componente fondamentale della comprensione dei fenomeni urbani. Cosa diversa è la poetica della città che richiede altre sensibilità e altri mestieri. “Io continuo a credere – scrive – che il compito di elaborare concetti e termini quanto più possibile chiari e analitici piuttosto che evocativi o compositi sia uno dei doveri centrali del lavoro intellettuale”.
Recensione di Cristina Bianchetti
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