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Un gioiello della letteratura americana, anche se ancora un po' sconosciuto. Uno scavo psicologico nella paura. Il grande critico Harold Bloom lo inserì nel suo «canone americano».
Ben più efficace di un proclama antimilitarista, la narrazione descrive con crudo realismo gli orrori di una battaglia fra l’esercito nordista e quello confederato. Il giovane protagonista, che si era arruolato con fervore e pieno di belle speranze, al primo scontro, davanti al probabile incontro con la morte, sceglie di fuggire e nascondersi non riuscendo a reggere la paura – né a rimuovere il senso di vergogna per la diserzione; tant’è che, dopo avere vagabondato per la campagna e avere assistito a un ennesimo combattimento fra le opposte fanterie, oppresso dai sensi di colpa per la codardia decide di tornare al suo reggimento, e per compensazione nella mischia assume con orgoglio il ruolo di portabandiera mentre con la sua unità viene mandato al macello. Le scene sono disseminate di cadaveri, feriti, stampelle, moribondi, bende lacere, volti lividi, mentre tutt’intorno il sangue caldo scorre a fiotti. Le ultime trenta pagine, che riportano i dettagli dello scontro finale, non lasciano respiro – e a volte si rischia il soffocamento.
La vicenda si svolge lentamente, fatta di episodi solo in parte collegati gli uni agli altri dallo scenario costante della vita militare appena prima o durante il combattimento. La lentezza dell’azione fornisce al lettore il tempo per entrare nella mente del protagonista, per riposarcisi dentro e capire che Henry Fleming diviene uomo proprio grazie al suo dubbio principale: sarà o meno in grado di dominare la paura ? La presenza cosciente di questa incertezza racchiude in nuce il suo superamento, infatti lo stato di quiete subentra nel protagonista quando si accorge che “era stato vicino a toccare la grande morte, e aveva scoperto che, dopo tutto, era soltanto la grande morte”. Proponendo un parallelo un po’ azzardato si tratta proprio di quanto non raggiungerà mai Lord Jim nell’omonimo romanzo. La massa degli uominiche lo circonda viene sentito come un’ essere vivente che perde sangue e soffre. E così tante altri aspetti della Natura (il freddo, il sole, la luna, i boschi) vengono personalizzate con ripetute immagini di tono impressionistico, la stessa battaglia imminente “ingoierà” i soldati prossimi allo scontro a fuoco, piuttosto che decimarli. Quest’ultima caratteristica, oltre ad essere sicuramente innovatrice e stimolante, è veramente distintiva dello stile di Crane e pone “Il segno rosso” come la sua migliore opera per quanto riguarda lo stile usato.
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