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Il testo scritto da Sartre nel 1958, deplorante l'immobilismo politico francese che invocava un uomo della provvidenza in grado di salvare la nazione, sottolineava problematiche simili -secondo il filosofo Jan Spurk- a quelle vissute oggi da molti paesi occidentali. Anti-istituzionalismo, xenofobia, incessante successione di scandali, personalizzazione del potere, asservimento dei media alle direttive partitiche. A questo fallimento dei sistemi politici corrisponde uno stato di impotenza e rassegnazione dei cittadini, incapaci di mobilitarsi nello spazio pubblico, o non più motivati a farlo. Si assiste "al consenso all'eteronomia istituzionalmente installata": i cittadini delegano a un'autorità di cui generalmente diffidano il dominio delle loro esistenze, "non vogliono e non possono che nuotare con la corrente di questa società". Ambiscono solo alla loro realizzazione privata: "essere sposi, figli, impiegati, campioni di biliardo...e proprietari di macchine e di appartamenti", convinti "della propria personale impotenza a modificare il destino del proprio paese". Viviamo tutti un'apparenza di libertà, limitata spesso solo alla sfera sessuale o dei consumi (comunque eterodiretta), riducendoci "a un piccolo numero di rapporti ben stabiliti e considerati immutabili", in una società che "non si è democratizzata, si è massificata". La nostra vita appare ormai "determinata da potenze che si situano fuori dell'individuo, fuori della sua volontà e fuori dei suoi interessi". Spurk rilegge Freud, Weber, Fromm, Habermas e ovviamente Sartre, quasi solo per rinforzare le loro analisi, e ribadire il presentimento negativo di una deriva sociale ed etica incapace di ribellione: "Si assiste a un ripiegamento angosciato e all'attesa di una soluzione a questa penosa situazione tramite l'azione di una forza esteriore ai soggetti...E oggi non mancano certo, a destra come a sinistra, autoproclamati candidati a divenire un nuovo uomo della provvidenza,"un re delle rane".
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