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Si può raccontare il più atroce dei dolori, la perdita di un figlio? Forse no.
«Naja Marie Aidt, poetessa e scrittrice nata in Groenlandia, racconta la perdita del figlio Carl Emil in un memoir commovente e molto letterario. Dimostrando come le parole siano comunque necessarie» - Nadia Terranova, Robinson
Nel marzo del 2015, la poetessa danese Naja Marie Aidt riceve una telefonata. Carl, il figlio venticinquenne, è morto. Non si sa né come né perché: la madre e il lettore non riescono a fronteggiare l'angoscia che li travolge. Un incidente, un malore, un suicidio? Di pagina in pagina l'autrice mette ordine nella propria disperazione, scoprendo e raccontando cosa è accaduto al ragazzo. È il viaggio di una madre dentro di sé, un viaggio alla scoperta della morte. Un esercizio di consapevolezza di natura maieutica: dare alla luce la morte di una persona a cui si è data la vita. Come si può? La prima reazione della poetessa è il silenzio. La sua penna si inaridisce. Compone linee scarne, rifiuta le maiuscole e la punteggiatura, ricopia lemmi e definizioni dal vocabolario, riporta versi e stralci di grandi autori del passato che sono sopravvissuti a lutti devastanti: da Cicerone a Mallarmé, da Whitman a Roubaud. E così, a poco a poco, qualche lettera riempie il vuoto. La disposizione delle parole sulla pagina si fa sempre più ordinata e il lettore apprende ciò che è accaduto.Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Un romanzo che ad ogni pagina ci sputa in faccia il dolore, ma che allo stesso tempo ad ogni pagina prova ad ricostruire quel magma interiore lacerato, riuscendo a dare una grande lezione a tutti i lettori, perché anche dalla morte forse se ne può trarre più di qualche insegnamento: «Se la morte ti ha tolto qualcosa, tu restituiscilo restituisci ciò che hai avuto da colui che morto quando era vivo quando era il tuo cuore restituiscilo a una rosa, un continente, un giorno d’inverno, a un ragazzo che ti guarda dal buio del cappuccio Se la morte ti ha tolto qualcosa, tu restituiscilo restituisci ciò che hai avuto da colui che è morto quando state sotto la pioggia della neve il sole e colui che è morto era vivo e volgeva il suo volto verso di te come volesse chiederti qualcosa che non ricordi più e anche lui aveva dimenticato ed è un’eternità un’eternità ormai, ora».
Ho comprato questo libro sotto consiglio di un amico e non mi ha deluso: mi ha però sorpreso. Mi aspettavo qualcosa di estremamente struggente - visto il tema dell’opera - invece l’autrice riesce con estrema lucidità e tenerezza a ricostruire tramite piccoli pensieri e frammenti di ricordi la vita di suo figlio Carl. Alcuni passaggi sono molto emozionanti, ed il dolore devastante della madre emerge dalle parole e dai pensieri a volte sconnessi. Decisamente consigliato!
Un libro che brucia di dolore. Il dolore nudo, crudo e asfissiante di una madre che ha perso il figlio. Un pugno nello stomaco, di una potenza e verità disarmati. Riflessioni, ricordi e citazioni. Istantanee tremende e delicate. Frammenti che diventano tutto. Prosa che si fa poesia.
Recensioni
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