Il trattamento giuridico da riservare nel nostro ordinamento alle scuole non statali rappresenta un tema di confronto ormai classico per dottrina e giurisprudenza e che sembra destinato a non vedere mai l'approdo di posizioni condivise e consolidate. La responsabilità di questa situazione di profonda incertezza è imputabile principalmente allo stesso legislatore che, spesso ansioso di rispondere ad istanze di tipo politico-ideologico di segno opposto, pone l'interprete dinnanzi al rapido susseguirsi di norme disorganiche o, addirittura, in aperto contrasto l'una con l'altra. Il confronto sulla condizione della scuola non statale si tramuta poi in acceso dibattito quando coinvolge la dimensione economica dell'attività scolastica svolta da soggetti non pubblici ed, in particolare, la possibilità di riservare a questa un trattamento fiscale di favore o di sostenerla direttamente con risorse provenienti dal bilancio pubblico. A ciò si aggiunga che la natura confessionale di molti degli attori del sistema scolastico del nostro Paese non consente, nella gran parte dei casi, di esprimere un giudizio autonomo su quest'ultima possibilità, ma impone di considerarla nell'ambito della più ampia «relazione economica» tra le istituzioni pubbliche e le confessioni religiose1, in particolare la Chiesa cattolica. Si consideri, infine, che nel dibattito sul trattamento economico della scuola non statale si sono inserite, quali autentiche protagoniste, anche le voci delle istituzioni europee e della crisi economica; l'una e l'altra si sono rivelate portatrici di nuovi e dirompenti elementi di diritto - la tutela della concorrenza e del mercato - e di fatto - le esigenze di contenimento della spesa pubblica - di cui oggi occorre necessariamente tener conto nell'esprimere qualsiasi valutazione in merito. Anche negli ultimi mesi, particolari eventi e circostanze hanno richiamato all'attenzione della scena giuridica del nostro Paese alcune questioni, in parte già note, che si collocano nel contesto di questo specifico dibattito: anzitutto, è stata impugnata dinnanzi alla Corte di Giustizia2 la sentenza del Tribunale dell'Unione europea del 15 settembre 2016, con la quale si era confermata la piena adeguatezza al diritto dell'Unione del sistema italiano di esenzioni I.m.u.-T.a.s.i. per gli enti non commerciali che svolgono attività scolastica3; in secondo luogo, il Consiglio di Stato, con la sentenza del 13 dicembre 2016, n. 52594, ha dichiarato inammissibile il ricorso per l'ottemperanza ad una sua precedente decisione5 e per l'annullamento di un decreto ministeriale6, che riconsideravano i criteri per l'assegnazione dei contributi alle scuole paritarie; da ultimo, l'entrata in vigore della riforma del Terzo settore nel luglio del 20177, ha inevitabilmente posto numerosi interrogativi sulle possibilità, i limiti e le condizioni di accesso alla nuova disciplina per gli enti gestori di scuole confessionali. A questi tre «temi di attualità giuridica» - l'esenzione dall'I.m.u.-T.a.s.i per gli immobili scolastici, i criteri ministeriali per l'assegnazione dei contributi alle scuole paritarie, gli «enti del Terzo settore» gestori di scuole confessionali - è dedicato il presente volume; senza pretesa di esaustività, queste pagine offrono una ricostruzione e propongono una lettura del contesto normativo e giurisprudenziale che riguarda ciascuno di essi.
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