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Il catalogo, relativo alle mostre di Roma e Vicenza sull'evoluzione della scultura lignea in Russia tra il XIII e il XIX secolo, presenta una sessantina di opere provenienti da prestigiosi musei eterogenee per cronologia, funzione e qualità; la scelta abbraccia le espressioni più curiose e vivaci della spontaneità popolare, ma accoglie anche oggetti di cultura raffinata. Nel primo gruppo rientra un ochlupel' sagomato con testa di cavallo, animale investito di significati simbolici legati alla luce e alla solarità, già posto sul colmo di un tetto di quelle "casette russe dalle travi scolpite" ancora descritte dalla letteratura russa dell'Ottocento. All'estremo cronologico opposto il tjablo, nome derivante dal latino tabula, parte della parete di un'iconostasi, il più antico esempio noto di icona russa a rilievo. Al XVI secolo sono assegnate invece la Deposizione di Novgorod, in cipresso un tempo rivestito d'argento, di grande qualità espressiva, e una singolare "chiesa da viaggio", sorta di altarolo portatile; colpisce, per la raffinatezza d'intaglio, il lavoro di sgorbia sulla porta regale di Rjazan, in cui motivi emblematici a bassorilievo campiscono la pagina dei battenti.
L'immutabilità e la stabilità delle forme, dei soggetti, delle tecniche ci introducono a una concezione dell'arte figurativa che non riconosce l'innovazione e l'aggiornamento come valori fondanti del fare, costanti invece nel manufatto occidentale. Questo uno dei temi affrontati dai saggi a firma degli studiosi russi, cui si affiancano contributi sulle "icone a intaglio" in tutto equivalenti all'immagine dipinta dal punto di vista della ricezione sulle tecniche e i materiali, sulla scultura popolare, sulle forme e funzioni delle immagini, sulla fortuna della scultura lignea in relazione agli interventi censori conciliari e, infine, sul culto dell'albero, particolare tema iconografico conosciuto anche in Occidente, leggibile in filigrana lungo il percorso della mostra e del catalogo.
La comunicazione per abbreviature dell'accetta, che imprime alle figure immediatezza e intensità, e l'impatto spalancato e luminoso degli inserti azzurri e bianchi su levkas cioè la preparazione a base di colla e gesso stesi sulle calde tonalità delle essenze danno luogo a percezioni di nessi inaspettati. Le parentesi iniziale e finale di Carlo Pirovano e Bruno Toscano vanno a cogliere la novità e le potenzialità comunicative offerte dagli oggetti, pur così diversi tra loro e lontani dall'orizzonte figurativo a noi più familiare. Allo stesso modo la capacità comunicativa è tra i meriti del catalogo, godibile vuoi per la qualità dell'apparato iconografico vuoi per l'accessibilità dei contenuti, il formato e il linguaggio delle schede, che si propongono di decifrare e trasmettere abitudini visive, soluzioni figurative e decorative, saperi fabbrili, pratiche devozionali e ragioni espressive appartenenti a geografie lontane.
Paola Elena Boccalatte
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