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di Federico Fastelli
Scrittore, critico, funzionario politico, teorico e storico del marxismo, Mario Spinella (1918-1994) attraversò il secolo scorso da protagonista. Come partigiano prese parte alla liberazione di Firenze (i ricordi di quell’esperienza si ricomporranno più tardi, 1974, nel suo libro più celebre, Memoria della resistenza). Fu segretario di Palmiro Togliatti e dirigente formatore presso l’Istituto di Studi Comunisti (Scuola delle Frattocchie), nonché redattore e collaboratore di quotidiani e riviste vicine al Partito Comunista come «Vie Nuove», «Utopia» (che diresse tra il 1969 e il 1971) e «l’Unità». Curò importanti edizioni e commenti di Marx, Engels e Gramsci. Tra i co-fondatori delle riviste «Piccolo Hans» e «alfabeta», fu anche narratore piuttosto originale, come testimoniano i suoi romanzi Sorella H, libera nos (1968), Conspiratio oppositorum (1971), Le donne non la danno (1980), Lettera da Kupjansk (1987), cui nel 2014 si è aggiunto il sorprendente Rock, uscito postumo da Torre d’Ercole. In qualità di studioso di letteratura, si occupò di classici (soprattutto Guicciardini e Ariosto) e di autori contemporanei, svolgendo una assidua attività di recensore. Al sapiente arbitrio e all’impeccabile cura di Andrea Gialloreto si deve oggi la possibilità di rileggere molti degli interventi che Spinella aveva destinato alle pagine della rivista «Rinascita» in circa un ventennio (1967-1988). Il bel volume Scritture dal secondo Novecento realizzato da Prospero editore ci restituisce così il profilo di un intellettuale importante, assieme all’immagine, sullo sfondo, di un ambiente culturale – appunto, quello comunista più vicino al Partito – la cui memoria ha trovato scarse occasioni di riattivazione.
È bene insistere subito sulla distanza che la storia ha frapposto tra noi e i modi, gli scopi, i toni di tale esercizio critico-letterario. L’attività di «segnalazione» e di «informazione» svolta da Spinella disorbita da discorsi di ordine accademico e si discosta dalla parzialità di giudizio propria del critico militante. Dialetticamente, egli si pone obiettivi di intervento e trasformazione della realtà, ma non confonde le proprie «cronache» letterarie con una pratica riferibile immediatamente all’ambito della lotta politica. Il ventaglio degli scritti raccolti nel volume – recensioni, soprattutto – si presenta all’oggi con un effetto di decisa inattualità. Ma è proprio in considerazione di quella prima impressione di lontananza che il volume acquista un valore che ne trascende i contenuti più contestuali. L’inattualità, del resto, è tale perché contrasta con il corrivo buon senso comune, e la storia, come ha detto una volta Badiou, non porta in sé la soluzione dei problemi che mette all’ordine del giorno. Ecco perché rileggere l’attività di un’intellettuale organico come Spinella, un intellettuale consapevole della propria funzione e, come nota Gialloreto nell’introduzione, della propria «responsabilità integrale nei confronti degli uomini», significa contribuire al ripristino della complessità di quel volano di progresso intellettuale e umano che è stato in Italia il marxismo.
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