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1984
1 gennaio 1984
Libro tecnico professionale
XII-348 p.
9788802037943

Voce della critica

GAROFALO, DOMENICO / GENOVIVA, PIETRO, Lo sciopero, Utet, 1984

BORTONE, ROBERTA / CURZIO, PIETRO, La contrattazione collettiva, Utet, 1984

BALDUCCI, CATALDO / CARABELLI, UMBERTO, Il sindacato (2 voll.), Utet, 1984
recensione di Bouchard, M., L'Indice 1984, n. 2

Questi quattro volumi sul diritto sindacale escono, contestualmente, per la collana di dottrina e giurisprudenza sistematica di diritto del lavoro curata da Gino Giugni. Gli autori hanno compiuto davvero un notevole sforzo nel fornire un panorama (anche storico) delle tendenze del diritto sindacale per come si rivelano nelle pronunce dei giudici e nelle opere degli studiosi. Oggetto di questa fatica sono i tre grandi temi in cui si ripartisce -tradizionalmente - il diritto sindacale: l'associazione sindacale, il contratto collettivo e lo sciopero.
L'argomento dell'organizzazione sindacale viene svolto, nella prima parte, all'insegna del più generale tema della libertà di associazione e, quindi, seguendo un profilo riluttante a rigidi controlli normativi. II momento organizzativo rappresenta il punto centrale di ogni esperienza sindacale e riconoscerne e garantirne la piena libertà costituisce "il fondamentale principio giuridico sul quale poggia l'attuale sistema di relazioni industriali". Questo concetto, espresso dal curatore della collana, é ampiamente svolto dagli autori alla luce dei compiti del sindacato di tutelare, autonomamente, interessi non individuali ma collettivi. Ed è appunto "l'interesse collettivo a costituire l'elemento essenziale di quell'attività che caratterizza il sindacato dei lavoratori rispetto a quello dei datori di lavoro e a tutte le altre associazioni non riconosciute: la stipulazione del contratto collettivo in quanto corrispondente all'esercizio di quella autonomia, detta appunto collettiva".
La seconda parte - più imponente - guarda il sindacato dal suo interno: in fondo, l'organizzazione sindacale non è altro, giuridicamente, che un'associazione non riconosciuta (come un partito e qualsiasi altro soggetto collettivo cui lo stato non abbia attribuito personalità giuridica, astenendosi, così, da controlli ed ingerenze interne). II sindacato mantiene una sua specificità, ma nelle vicende della formazione sindacale si applicano regole valevoli per tutti gli enti simili. E quali regole esattamente? L'interrogativo, spinoso, offre più soluzioni non riducibili a dispute accademiche, soprattutto nel particolare episodio dell'espulsione di un associato.
Le osservazioni diventano meno tecniche e più coinvolgenti quando lo sguardo viene portato nelle strutture sindacali dell'azienda, perché qui si realizza nuovamente l'intreccio con l'attività di contrattazione. II contratto collettivo è considerato principalmente nel suo valore normativo proprio perché suo aspetto essenziale e nodo ancor oggi irrisolto è la sua efficacia nei confronti di tutti i lavoratori (iscritti o no al sindacato) di una determinata categoria. Per raggiungere questo effetto (erga omnes) la storia sindacale e legislativa ha ammesso più formule, tutte oggi inoperanti: il fascismo imponeva un contratto stipulato dal sindacato unico, vera e propria associazione di diritto pubblico, rappresentante - per legge - di tutti i lavoratori; la Costituzione (art. 39) offre una soluzione teorica rifiutata, per ragioni diverse, dai vari sindacati perché li sottopone ad una "previa registrazione"; in alcuni casi i contratti collettivi sono assurti a legge mediante l'adozione di decreti riproducenti il contratto, ma la procedura è stata dichiarata incostituzionale.
Rimane il contratto collettivo di diritto comune che, a rigore, vincola i soli iscritti al sindacato e che oggi è la vera forma di regolamentazione collettiva dei rapporti di lavoro.
Questo contratto viene formalmente esaminato nella sua classica bipartizione, parte normativa e parte obbligatoria. La distinzione risale agli anni sessanta: alle clausole che fissano il prezzo del lavoro si affiancano, nel contratto collettivo, norme che obbligano reciprocamente le associazioni stipulanti e che fondano una sorta di ordinamento "nell'ambito del quale contratto e obbligazione si riqualificano nella peculiare luce di strumenti organizzativi del potere sociale paritario".
L'argomento saliente resta comunque, ed è ampiamente trattato, il principio dell'inderogabilità del contratto collettivo, il divieto, cioè, che lo stesso possa venir modificato in senso peggiorativo per i lavoratori dai contratti individuali. Completa l'opera l'esposizione della disciplina interpretativa e dei rimedi penali all'inosservanza del contratto collettivo.
Lo sciopero è il tema più intricato, ma sicuramente il più appassionante per l'affermazione costituzionale di un vero e proprio diritto al suo esercizio e per la complementare assenza di una regolamentazione legislativa. Ne derivano i non pochi casi di sciopero sospesi al limite tra il lecito e l'illecito (civile) quando non tra il penalmente rilevante e l'irrilevante. Le conseguenze maggiori di queste incertezze sono state l'elaborazione giurisprudenziale di limiti interni ed esterni all'esercizio dello stesso diritto di sciopero e le molteplici posizioni (tutte qui esaminate) degli studiosi sulla questione.
Nonostante il chiaro scopo di fornire in primo luogo uno strumento tecnico - giuridico, il pregio dei lavori sta nell'esatta valorizzazione del diritto sindacale, il quale si compone solo in parte di una matrice giuridico - formale e vive soprattutto per la costante incidenza di prassi extra - normative. È un diritto, cioè, profondamente legato alla dinamica alle trasformazioni della società.
Sicuramente la consultazione dei volumi si presta alle necessità pratiche e di ricerca degli operatori del diritto, ma non va trascurato il momento di riflessione e confronto che offre anche a chi (sindacalisti, giornalisti) abbia, relativamente ai temi trattati, un approccio non specialistico.

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