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Confesso di aver acquistato questo libro perché, di primo acchito, prima ancora di conoscerne il contenuto, m'è piaciuta l'immagine di copertina, in sé potente che, in combinazione con il titolo (non identico a quello originale, come avrei scoperto in seguito, che è "The Carrion Birds") rimandava in qualche modo al film di Quentin Tarantino "Le Iene" (Reservoir Dogs), sua opera prima del 1992. L'ho preso senza nemmeno darmi la pena di sfogliarne le pagine. Scelta giusta. Uno di quei libri che si cominciano a leggere subito, appena entrano in casa. Cosa che ho fatto puntualmente. Intreccio convincente, credibili ed intensi i personaggi. Una storia di confine, come quelle di Cormac McCarthy, con morti e feriti, ma anche la profonda malinconia di quelli che sono sempre dei perdenti in una cittadina alla frontiera con il Messico - "Coronado" - che, insensibilmente, una volta prosciugati i pozzi petroliferi e finita un'effimera stagione di ricchezza e di benessere, sta diventando una città fantasma che vive del suo passato, mentre trafficanti di droga spietati la vogliono colonizzare. Ray, l'eroe negativo di questa storia, è uno dei perdenti, ma anche suo antagonista (fratello nell'animo e per crescita) lo è altrettanto. L'essere in posizioni avverse, il confronto tra agonisti e deuteragonisti, la possibilità di distinguere il Buono dal Cattivo in questo romanzo si dissolvono, annebbiati dalla polvere del deserto fine ed impalpabile, ma anche dal bagliore accecante del sole che pietrifica ogni cosa. Sono d'accordo con quelli che dicono che questo romanzo di Urban Waite, come anche il primo ad essere pubblicato in Italia, rimandino alle prove letterarie di Don Winslow o di Elmore Leonard. Ma mi sentirei più propenso ad un accostamento con McCarthy: la prosa di Urban Waite è ben più articolata e pensosa e c'è il paesaggio - in questo caso un paesaggio urbano degradato che tende ad essere inghiottito dalla natura a fare da elemento corale dominante.
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