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La seconda avventura di Vianne, dopo il meraviglioso "Chocolat"...Non mancano neppure qui il cioccolato - ovviamente-, i personaggi a cui affezionarsi, la sensualità della cucina e dei ricordi e quel pizzico di magia che c'è e non c'è...Tuttavia "Le scarpe rosse" presenta a mio avviso toni molto più cupi del romanzo precedente, anche a causa della coprotagonista/antagonista che non so perché non mi ha convinta del tutto pur rimanendo un personaggio affascinante...Preferisco il primo e il terzo della serie, peraltro ambientati a Lansquenet al contrario di questo!
Bello, scorrevole, magico e misterioso. Tutti i tasselli mancanti in chocolat prendono il loro posto, i punti i interrogativi trovano le loro risposte tutto nell'atmosfera di una Parigi 'rosa antico', vintage dal sapore un po' retro' ma decisamente affascinante così come la trama del romanzo.
Forse a corto d’ispirazione, Harris ha riallacciato il filo del racconto di Chocolat (1998) producendo questo romanzo (2007) che ricrea un negozio di dolciumi non più nel villaggio di Lansquenet-Sur-Tannes, ma a Parigi, sulla Butte de Montmartre (place des Faux-Monnayeurs, in realtà il titolo di un romanzo di André Gide). Le tre protagoniste (Vianne Rocher, la figlia Anouk, ora di 12 anni, e Zozie de l'Alba) sono maghe-fattucchiere (forse un po’ streghe) e si divertono a lanciar incantesimi (di ben poco conto, in verità). A turno rivelano le loro vicende quotidiane, i loro sogni, aspirazioni, anche malvagie, come quelle di Zozie. E’ un racconto per ragazzi, in bilico tra la saga di Harry Potter e i fumetti di Mandrake (il mago illusionista che dal 1934 alla fine degli anni ’60 ha allietato la gioventù del mondo intero). Per distinguersi dal famoso mago, Harris prende a prestito incantesimi ispirati al pantheon azteco, Tezcatlipoca, Xocipilli, Centleot (dio del mais, qui scritto Cintleot) anche Mictecacihuatl, dea dell’oltretomba. Zozie non disdegna neppure il pulque, bevanda alcolica fermentata dal maguey, cui però lei aggiunge forse sostanze psicotropiche per ottenere effetti allucinogeni. Che Harris abbia letto il Popol Vuh? O le cronache di Bernardino de Sahagún? O forse semplicemente El Pueblo del Sol di Alfonso Caso? Comunque tutti questi incantesimi “aztechi” sono solo segnali di fumo, che forse i pellerossa trasmettevano meglio. Non bastassero i trucchi illusionisti delle tre protagoniste, ci si mette pure la piccola Rosette, 4 anni, forse handicappata, non ancora in grado di parlare ma in grado di lanciare incantesimi al ritmo di Bam, Bam, Bam! E’ comunque la più simpatica perché, non essendo in grado di parlare, non sproloquia come le altre tre. Tomo ridondante, con linguaggio ampolloso, ripetitivo (ad nauseam!) pleonastico. Harris sa scrivere bene, ma qui non partorisce un romanzo che abbia senso. A Zozie preferisco Zazie dan le métro (bravo Queneau).
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