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Costanzo narra la storia di Bernardo dell'Abaco, figlio di un sarto palermitano e lontano discendente del matematico pisano Fibonacci. Costretto ad abbandonare la famiglia e mettersi al riparo da un'epidemia di peste, il giovane Bernardo lascia Palermo e viene affidato alla castellana Lucrezia Gaetani; essa gli rivela l'esistenza di una Confraternita di pisani sfuggiti al governo fiorentino e rifugiatisi in Sicilia. I casati e i personaggi presenti in questo libro sono numerosissimi e realmente esistiti; Costanzo li riporta in vita, dando prova di una ricerca storica approfondita e meticolosa. Salvo qualche svista dell'editor, lo stile narrativo è scorrevole e a tratti poetico, i dialoghi ripropongono il modo di parlare dell'epoca, gli eventi riportati rendono al lettore un quadro completo del periodo storico trattato: la vita di Bernardo funge da finestra su uno spaccato cinquecentesco del vicereame di Sicilia, con tanto di digressioni sui rapporti tra la cattolicissima Spagna e i paesi arabi di fede musulmana. Interessante anche il tema della schiavitù. Ho particolarmente gradito che le relazioni amorose non abbiano assunto un ruolo troppo invadente nella vita del protagonista, come spesso accade nei romanzi storici; il giovane dell'Abaco cresce e diventa un uomo sensibile, dal passato travagliato, ho dunque apprezzato che la sua sofferenza non sia stata banalizzata da una storia d'amore, ma che Bernardo abbia invece incanalato le sue energie nella ricerca della felicità attraverso la conoscenza delle sue radici. La vera trama del romanzo di Costanzo è la costante tensione tra la volontà di scoprire la verità sulla Confraternita e la condanna verso i misfatti compiuti dai suoi membri; la Storia è la vera protagonista, Bernardo è il veicolo per disvelarla.
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