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Si dice che solo gli stupidi non cambino mai opinione. E di certo Henri-Irénée Marrou (1904-1977) stupido non era. Su di me nutro qualche dubbio in più, e così, per fortuna, ho cambiato anche io opinione nel corso della lettura del voluminoso saggio "Sant'Agostino e la fine della cultura antica", edito da Jaca Book in una traduzione italiana a mio avviso a tratti un po' spigolosa, ma pregevole per essersi basata non sulla prima edizione francese (1938), bensì sulla seconda (1949), arricchita da una breve ma incisiva "Retractatio" (pp. 473-531), nella quale l'autore, a distanza di poco più di un decennio, corregge alcuni giudizi eccessivamente negativi o riduttivi sulla cultura di Agostino (354-430) e soprattutto sulla cultura tardoantica presenti nella prima edizione; correzioni che hanno determinato anche il mio cambiamento di giudizio su un'opera comunque rilevante, anche se stilisticamente faticosa, ma indebolita nella sua prima edizione da una visione ancora a tratti stereotipata della tarda antichità come epoca o di decadenza o, nella migliore delle ipotesi, di pura preparazione della successiva cultura cristiana medievale, e dunque non degna di attenzione in sé. Una lettura non semplice, da gestire a piccole dosi, ma utile per avere una panoramica su una fase della storia antica ancora piuttosto bistrattata nella mentalità comune e su un personaggio grande e discusso della storia del pensiero cristiano. "Antichità, medioevo, tempi moderni: questo vocabolario riflette uno stadio, oggi ben superato, della ricerca; quello in cui un disprezzo, fatto d'ignoranza, non scorgeva che una lunga notte tra l'antichità classica e l'alba dei tempi moderni." (p. 525) "Agostino è morto il 28 agosto 430 nella sua città episcopale di Ippona, assediata dai Vandali (...) Anche sul suo letto di morte, sant'Agostino non credeva che il crollo fosse fatale." (p. 530) E se "medioevo" e "barbarie" non fossero altro che proiezioni delle nostre paure?
Un classico: rappresenta un'ampia analisi dell'attività culturale di un uomo della fine dell'antichità, degli ideali che cercava di realizzare in essa e del desiderio di compiere una trasformazione dell'intelligenza classica in senso cristiano.
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